Mi sa proprio che devo tornare a bere il Tignanello. L’avevo abbandonato da qualche tempo, ma adesso che l’ho riavuto nel bicchiere, be’, mi è piaciuto di nuovo, come quando cominciavo a occuparmi di vino e a cercare di capirci qualcosa (e però cercare di capire qualcosa del vino è esercizio che non finisce mai, e anzi più ti si va a avanti e meno pare di saperne).
Il Tignanello è stato il primo Supertuscan. Il primo vino di terra chiantigiana a fondere il sangiovese col cabernet sauvignon e col cabernet franc. Un’idea concretizzatasi con la prima bottiglia, nel 1971 (in realtà c’era dall’anno prima, quand’era uscito come Chianti Classico Riserva, ma dal ’71 è uscito dalla denominazione). A volerlo era stato il marchese Piero Antinori e al progetto ci hanno lavorato Giacomo Tachis, l’enologo della cantina, e poi Émile Peynaud come consulente e in qualcho modo anche Gino Veronelli, che suggerì di prendere il nome dal podere Tignanello.
Ecco, a un certo punto ho smesso di bere il Tignanello perché non mi è piaciuta la deriva americaneggiante dei Supertuscan, quella fatta di muscolo e tannino e colore impenetrabile e alcol e insomma di esagerazioni e dunque ho cancellato tutta la tipologia dalle mie bevuta. Ho fatto male a smettere, perché invece il Tignanello è un’altra cosa. Insomma, è vero, mette insieme sotto il profilo dell’uvaggio varietà chiantigiane e vitigni bordolesi, ma l’indole è toscana, e non cede sotto il profilo dell’appartenenza territoriale, e dunque ecco la terra rugginosa e la torba e le erbe officinali, e un bello slancio, e insieme ha questo frutto croccante che gratifica.
Un rosso d’una eleganza un po’ dandy. Ne ho messo una bottiglia in cantina. Credo non sarà l’unica.
Toscana Tignanello 2015 Marchesi Antinori
(94/100)