La Sizeranne, impeccabile trentenne dell’Hermitage

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Tra i più grandi vini di Francia, l’Hermitage trova in Chapoutier una delle sue massime espressioni. Certo le cuvée più celebri sono ormai inarrivabili in termini di prezzo, a meno che non siate degli sceicchi arabi o dei petrolieri russi. Più modestamente ho avuto l’opportunità di acquistare la più accessibile Sizeranne (si fa per dire, non hanno regalano nemmeno quella), in uno dei millesimi di riferimento per la zona, il 1991.

Ho pensato che dopo trenta anni dalla vendemmia fosse giunto il momento di sacrificare l’ultima bottiglia rimasta, anche per vedere com’è la tenuta nel tempo di un vino che per antonomasia la critica raccomanda di tenere a lungo in cantina.

La prima cosa che mi colpisce è la totale assenza di varietalità. La syrah è una brutta bestia, un vitigno che marca profondamente il vino e che quasi sempre tende a prevalere sul terroir. Ovviamente questo è possibile perché parliamo di uno dei terroir più caratterizzati di tutta la Francia, uno sperone granitico che sorge improvviso nel bel mezzo del Rodano e che da sempre è considerato in grado di far esprimere alla syrah una classe a parte. Pensiamo ai vini di Chave o alla mitica Chapelle di Jaboulet, oggi purtroppo un pallido ricordo di quello che era fino agli anni ’90.

La mineralità granitica salta subito al naso, accanto a note evolute di tè nero affumicato, frutta sotto spirito, polvere di caffè. Il palato ha un soffio vegetale e un tannino che non si è per nulla calmato. È lui a dettare i tempi della degustazione, e induce a trovare un giusto compagno a livello di cibo. Anche a trenta anni non c’è alcun segno di arrendevolezza, la lunghezza non stupisce ma è piuttosto sullo sfondo, in filigrana. Se non fosse un ossimoro direi che è una potenza espressa con timidezza, l’allungo è sulla frutta e termina con sentori di terra umida, tartufo nero, spezie, fiori secchi e distillato di mirtilli.

Hermitage Monier de la Sizeranne 1991 M. Chapoutier
(93/100)

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