La mezza luna

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Scatole, scatoline e scatoloni. Colleziono traslochi e accumulo cartoni. Ogni tanto, solitamente quando piove, mi chiudo in garage e ne apro uno. Oggi ho trovato il giradischi. Montava i vinili da trentatré e quarantacinque giri. Mamma rigovernava – anche questa, per me, è una parola evocativa – noi bambine si asciugava, si cantava, si ballava. Mi passa davanti un giovane Celentano e leggo “La mezza luna”. Lo sento subito, è immediato, è un sorriso che mi rallegra il viso e succede ogni volta. Chissà se la mia amica Ilaria ha le stesse sensazioni. Perché questa canzone l’abbiamo ballata, cantata, saltata insieme quando avevamo circa sette, otto anni. Ce l’ho davanti, il salone a sinistra della porta d’ingresso, nel suo casale in campagna. Varcata la soglia, si vedeva un caminetto molto grande e, di fronte, un tappeto altrettanto grande, dove ci piaceva ballare. Quando Celentano diceva “la mezza luna” noi, in un salto, facevamo un giro a 360 gradi e questo movimento ci faceva ridere o, comunque, io ricordo le risate. Mi piace questa collezione di ricordi perché sono attimi di vita replicabili all’infinito e mentre scrivo questo, mi alzo e faccio un salto a 360 gradi. Rido, felice di vivere con quella bambina. Ne faccio un altro. Rido ancora, felice di vivere come una bambina.