Qualche nota sul mercato della Borgogna

vino_rosso_chiaro_500

Può sembrare paradossale, ma dopo un 2021 che ha visto delle cifre record, la prospettiva economica per i vini di Borgogna, apparentemente più che rosea, sembra nascondere dei nodi tuttora irrisolti. Lo si ricava dall’analisi fornita dal Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne nel corso dell’ultima edizione dei Grands Jours de Bourgogne. Ne parlo perché, in un mercato sempre più connesso, non ci possiamo permettere di non esaminare la situazione economica e le tendenze in divenire, sicuri che qualche tipo di ripercussione ci sarà comunque anche da noi. Di seguito, dunque, le principali criticità e positività del mercati borgognone.

Relativamente all’annata 2021, la disponibilità di vini alla proprietà si è dimostrata di molto interiore a quella delle ultime cinque annate. La produzione si è assestata a poco meno di un milione di ettolitri, con un calo del 32,5% sulla media degli ultimi cinque anni. I vini bianchi rappresentano il 60% della produzione (ricordiamo che il sud della Borgogna è pressoché interamente dedicato allo chardonnay, spesso anche indirizzato alla produzione di cremant). I rosati sono i vini con il calo maggiore, segno che i produttori hanno deciso di non produrli per dedicarsi primariamente ai rossi.

Come conseguenza del quadro descritto sopra, le transazioni nei primi sei mesi di quest’anno sono apparse in calo sensibile. Ciò nonostante, per il terzo anno consecutivo sono stati battuti i record in termini di fatturato, toccando 1,32 miliardi di euro, con una crescita del 28%. È vero che i mercati soffrono per l’altalena produttiva (si è passati da una vendemmia 2018 molto soddisfacente a una 2021 che è tra le più misere della storia), ma in realtà, guardando sul medio periodo, cioè dieci anni, si vede che i numeri si equivalgono. E qui mi verrebbe da dire che non ci sarebbero fondate giustificazioni per gli sconsiderati aumenti di prezzo, se non che la domanda non ha intenzione di fermarsi (le vendite degli ultimi tre anni hanno visto una crescita cumulata del 25,4%).

Sul mercato interno francese cresce la Gdo, ma anche le enoteche riprendono il lavoro. La domanda da parte della ristorazione e delle enoteche è buona e segnala la voglia del pubblico di tornare a uno stile di vita più “normale”. Le vendite hanno registrato un aumento soprattutto per i vini in bottiglia, mentre lo sfuso e i mosti sono in calo. I produttori hanno privilegiato i prodotti a più alto valore aggiunto e limitato le vendite dello sfuso. In un mercato francese nel quale i vini a denominazione hanno mostrato una lieve tendenza al calo, la Borgogna è stata una delle tre regioni che invece hanno aumentato i numeri. Tuttavia, aumentano più i bianchi che non i vini rossi, che comunque salgono nelle vendite. Ottima prestazione per le bollicine, il cremant sfiora il 10% di crescita, la più forte degli ultimi dieci anni.

All’export i numeri continuano ad essere molto buoni: 105 milioni di bottiglie equivalenti, +18% in volume e + 28% in valore. Si conferma una crescita del prezzo medio della bottiglia. Interessante il dato sui vini bianchi: il 49% della crescita è grazie a loro, e a crescere sono le denominazioni regionali Borgogna, Chablis e il Mâconnais. Peraltro, in termini di fatturato la crescita è dovuta per il 57% ai vini rossi. L’America del Nord registra la crescita più importante di fatturato confermando l’interesse di questa regione per i vini di fascia alta, mentre l’Asia garantisce la più grande crescita in volume.