Il miglior Pinot Nero italiano è nella Valle del Curone

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Non avrei mai pensato di poter trovare il miglior Pinot Nero d’Italia fra le boscaglie del parco regionale della Valle del Curone, nella Brianza lecchese, luogo silente e selvaggio a una ventina di chilometri appena dal lago di Como, e comunque del tutto al di fuori dagli itinerari classici del vino italiano, e anzi pressoché sconosciuto dal lato vinicolo. Eppure il San Giobbe dell’azienda agricola La Costa mi ha rapito per un’eleganza colma di luminosità, di gentilezza, di leggerezza e di grazia, e dunque di quelle prerogative che sono patrimonio raro dei rossi che più mi piacciono tra quelli nati dall’uva del pinot noir, tant’è che mi sono sbilanciato ad affermare che questa ne sia la punta d’eccellenza nazionale.

La viticoltura antica della Valle del Curone è testimoniata dai terrazzamenti che si intravedono tra i boschi; la vigna veniva coltivata assieme agli alberi da frutto e agli ortaggi, ai legumi e a qualche granaglia, pressoché a solo scopo di sussistenza. Nelle cascine ci vivevano centinaia di persone, che tiravano avanti come potevano. Poi sul fondovalle arrivò l’industria, e fu spopolamento. Invece, il ritorno della viticoltura risale ai primi anni Novanta, quando Giordano Crippa si fece prendere dalla smania di acquistare qualche po’ di terra incolta e un vecchio cascinale diroccato nei luoghi da cui veniva la sua famiglia. Di vigneti non sapeva niente, lui si occupava di edilizia. Sergio Germano, vignaiolo di Langa, gli disse che lì ci poteva star bene del riesling e lui lo piantò, con un impianto rudimentale e infruttuoso. Poi volle capirci di più, chiamò i Guillaume, forse i più celebri tra i vivaisti francesi, e quelli, visti i suoli e le pendenze, gli suggerirono il pinot nero. Benedetto quel consiglio, che oggi ci consegna un vino splendido.

Adesso la cantina è nelle mani della figlia di Giordano, Claudia, ma tutta la famiglia gestisce, insieme con i vigneti, anche un agriturismo, che si articola su due fabbricati antichi, riordinati con ammirevole intelligenza conservativa e congiunti da una stradella sterrata che si fa fatica a percorrerla anche col fuoristrada: il primo accoglie il ristorante, dove si mangia una cucina fatta con i prodotti di stagione, l’altro gli alloggi.

I vini sono tutti buoni. Il Riesling si chiama Solesta e ha un carattere nervoso; lo spumante Incrediboll, fatto anch’esso con l’uva renana, è cremoso e avvolgente; il Càlido, un moscato rosso passito, è succo golosissimo di frutti asprigni. Ma il San Giobbe – signore mie, signori miei – è fatto di cristallo lucente, è un abito di taffetà, è seta che benedice il palato e, sì, per me è il miglior Pinot Nero italiano.

Terre Lariane Rosso San Giobbe 2021 La Costa
(94/100)