“Mi ricordo gli occhi ridenti dei contadini che portavano l’uva in cantina e dicevano che così bella non c’era mai stata prima”. Me lo racconta Thomas Scarizuola, che è il Kellermeister, ossia il capo enologo, della Cantina Kaltern. Lo guardo in faccia. Più che delle parole, mi fido dei volti, e sorride con lo sguardo anche a lui. “Tanta uva di questa qualità non l’avevo mai vista” ammette, con l’accento altoatesino piuttosto marcato. Sta parlando della vendemmia della schiava del 2023, l’annata delle annate, probabilmente, almeno negli ultimi decenni.
Da quelle parti, sul lago di Caldaro, la schiava la chiamano anche vernatsch, alla sudtirolese. I vecchi la allevavano a pergola, larghissima, che così in mezzo ci potevi coltivare dell’altro; ora prevale il filare, ma vecchie pergole ce ne sono ancora, anche centenarie, solo che la schiava l’hanno lasciata solo nelle zone “da schiava”, e invece dove non viene bene, e dava solo quantità, l’hanno tolta, cosicchè la qualità media è aumentata. Direi vertiginosamente.
Una prova di quanto sia buona la schiava che si è raccolta nel 2023 sulle rive del lago di Caldaro proviene dal kunst.stück di quest’anno della Cantina Kaltern. Quel termine, kunst.stück, vuol dire opera d’arte. Da sette anni, la Cantina fa uscire una tiratura limitatissima di un vino, ogni volta diverso, che veste con un’etichetta d’arte. A scegliere il vino, tra le botti e le vasche disponibili, è il Kellermeister, il quale stavolta ha fatto una cuvée dei vini ottenuti dalle uve di due vigneti, metà e metà. Uno è figlio di una pergola secolare di schiava che sta nella zona morenica, subito a nord del lago di Cadaro (quella vigna l’ho vista, ci ho camminato, e mi pareva di stare in mezzo a dei monumenti naturali), l’altro viene dalle uve di un filare di diciassette anni a sud-ovest del lago, in direzione di Termeno, il primo guyot di schiava impiantato dalla Cantina. Quasi un fil rouge che lega più generazioni di viticoltori caldaresi, un po’ com’è la Cantina stessa, che è una specie di cantina delle cantine, dato che la conformazione attuale deriva dalla fusione progressiva di cinque diverse realtà cooperative della zona: man mano, si è arrivati a raccogliere quattrocentotrenta ettari vitati, proprietà di cinquecentocinquanta soci (e dai numeri si capisce quanto la terra sia frazionata, molto meno di un ettaro a testa, nella media, e considerato che c’è chi possiede anche tre o quattro ettari, vuol dire che qualcuno ne coltiva giusto un fazzoletto, ma quanto ci tiene a quel pezzetto di vigna). Di questa fitta rete di legami storici con le famiglie vignaiole del territorio dà un’interpretazione l’etichetta della Schiava kunst.stück, opera dell’artista siciliano Gaetano Vella, che pure ho conosciuto a Caldaro. “Al centro – ha raccontato -, ho disegnato due figure umane che simboleggiano gli avi, con una clessidra tra di loro che rappresenta il tempo e la trasmissione delle conoscenze. Dalle figure partono delle ramificazioni che ricordano un albero genealogico: le radici simboleggiano il legame tra le generazioni e la continuità del lavoro che evolve”. Bello.
Poi, è bellissimo, e dunque buonissimo, anche il vino. Cristallino, incisivo, succoso, sapido, freschissimo, giovanissimo e già elegante; fruttini aciduli di siepe, fiori alpestri, nocciole, sale, e chissà quanto ha davanti ancora da offrire, con l’evoluzione, perché il vino è da bere adesso oppure, meglio, da attendere qualche anno. “Ho pensato a lungo se farlo affinare in legno oppure no, poi ho deciso di no per preservare la freschezza e la verticalità” mi dice Scarizuola. Ben fatto, Thomas, ben fatto.
Di questa spettacolare Vernatsch 2023, che sarà disponibile da aprile, sono state confezionate duecentocinquanta magnum e duemila bottiglie. In realtà, non tutte finiranno davvero sul mercato, perché alcune magnum e qualche bottiglia le ho già prenotate io. Un vino del genere non potevo lasciarmelo scappare.
Alto Adige Vernatsch Kunst.Stück 2023 Cantina Kaltern
(95/100)