I vini bianchi e il tappo a vite, la scelta giusta

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A scanso di equivoci, Tim Atkin, Master of Wine britannico con tanta esperienza sulle spalle, lo dice chiaro e tondo che il test non può vere alcuna ambizione di scientificità. Semplicemente ha raccolto in cantina alcune bottiglie di bianchi con qualche anno sulle spalle – dal 1997 al 2007, cinque australiane, una neozelandese e tre francesi – e le ha aperte. Quattro erano chiuse col tappo in sughero, cinque col tappo a vite. Dei quattro vini chiusi col sughero, tre erano “andati”. Quelli chiusi a vite erano a posto. Ma non è un caso, ovviamente, aggiungo io. Era logico che andasse così, solo che qui dalle nostre parti, nel Vecchio Mondo del vino, non la si vuol capire.

Dopo due decenni di assaggi di vini del Nuovo Mondo chiusi col tappo a vite, Atkin dice di essere giunto alla conclusione che per i bianchi questa dello screwcap è la scelta da fare, per “ragioni di convenienza, di freschezza del vino, di assenza di rischio di sapore di tappo e di potenziale di longevità”. “I rossi sono un’altra storia”, dice, perché i rossi invecchiano in maniera differente quando sono tappati a vite o col sughero. “Un buon sughero è generalmente meglio di un tappo a vite”, secondo lui, quando si tratti di vino rosso. Ma, aggiunge, si sta evolvendo anche la capacità dei produttori che usano questo tipo di chiusura. Per cui mi pare che la partita sia aperta, e se è vero che la percentuale di bottiglie inquinate dall’odore di tappo è andata riducendosi, in giro che ne sono ancora tante, troppe. Lo dice lui, lo dico anch’io.