Adesso so che esiste anche l’uva coda di pecora

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Il coda di pecora, con l’articolo maschile davanti al sostantivo femminile, è un vitigno. Antico e pressoché sconosciuto. Infatti, non l’avevo mai sentito nominare prima di assaggiare Sheep, un vino bianco dell’igp delle Terre del Volturno prodotto dall’azienda Il Verro, che ha sede a Formicola, nel Casertano (è la cantina di Cesare Avenia, che è anche presidente del consorzio di tutela dei vini della doc Caserta). In etichetta, però, il nome dell’uva non lo trovate, perché la varietà non è ancora riconosciuta ufficialmente. Peccato, perché il vino è molto interessante, e oltretutto mi pare che si tratti di un bianco che promette bene in termini di potenziale longevità, in virtù della sua freschezza sferzante, a tratti indomita.

Sul sito aziendale si legge che il vitigno coda di pecora, di cui Il Verro è ad ora l’unico produttore che ne commercializza il vino in purezza, deriva dalla caratteristica forma del grappolo, che somiglia alla coda di una pecora, appunto. “Dopo tanti anni di confusione tra coda di pecora e coda di volpe – è scritto -, nel 2005 abbiamo eseguito l’esame del dna che ne certifica l’autenticità e avviato l’iter per la registrazione tra i vitigni riconosciuti ufficialmente dal Ministero. Proprio perché tale procedura non è stata completata, il nome del vitigno non può apparire in etichetta e il vino stesso per il suo nome ha dovuto virare verso un inglesismo, Sheep”.

Asciutto e quasi roccioso nell’approccio tattile (il finale è perfino tannico), sfoggia profumi di fiori, di paglia e di quelle piccole mele, le annurche, che in Campania si fanno maturare, appunto, nella paglia. Mi ha sorpreso, questo vino, per il suo carattere marcato, e del resto il vitigno d’origine di personalità ce n’ha parecchia. Matura molto tardi, per la zona, e tuttavia conserva, come ho detto, acidità.

Una piacevole sorpresa.

Terre del Volturno Bianco Sheep 2022 Il Verro
(88/100)

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