Voglio fare l’elogio della Freisa

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Noi italiani siamo i massimi esponenti mondiali dell’autocelebrazione. Siamo santi, poeti, navigatori. Abbiamo i migliori vini del mondo. Abbiamo la più grande varietà di vitigni, centinaia, migliaia. Cose che i terribili concorrenti non si sognano nemmeno di raggiungere. Salvo poi dimenticarcelo, o, per dirla più chiaramente, fregarcene. Di tutta questa ricchezza e complessità resta poco nei resoconti di guide, riviste e nella comunicazione degli addetti ai lavori.
Mi è venuto in mente questa riflessione dopo aver bevuto un vino che per me è stato assolutamente straordinario. Ha solo il “peccato originale” di essere prodotto con un’uva negletta, in una regione dove tutto ruota intorno al nebbiolo, e un pochettino anche alla barbera. Sto parlando della freisa. Un’uva che continuo a pensare potrebbe dare dei risultati inaspettati se solo i produttori ci si dedicassero con maggiore impegno.
Questo Langhe Freisa di Giacomo Fenocchio, grande barolista della Bussia, ha una espressività preziosa. Non punta sui muscoli, non lo potrebbe fare, ma sulla leggiadra eleganza e sulla lunghezza floreale. Un vino che scommetto potrà migliorare ancora nel giro di 4 o 5 anni. E che potete trovare a un prezzo davvero accessibile.
Ecco, voglio fare l’elogio della Freisa. Per la cronaca, cercate anche quella di Giuseppe Rinaldi.
Langhe Freisa 2015 Giacomo Fenocchio
(90/100)

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