Il vino è una questione di equilibrio

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Non sono, di mestiere, né un agronomo, né un enologo. Tuttavia, ho qualche mia convinzione sulle materie.

Io credo che, a parità di altre condizioni, una vigna coltivata secondo i principi della lotta integrata dia un’uva migliore rispetto a una vigna in conduzione convenzionale, e che a maggior ragione una vigna allevata secondo i criteri biologici dia un’uva di molto migliore rispetto a quella della vigna in lotta integrata, e che una vigna cui vengano applicate le prassi biodinamiche dia un’uva ancora migliore rispetto a quella biologica. Credo insomma che più si rispetta l’equilibrio della pianta e del suolo, migliore sia il frutto che si ricava dalla vigna.

Io credo poi che sia una contraddizione nei termini supporre che vi possa essere un non interventismo enologico nella produzione del vino. Il vino non esiste in natura ed è invece frutto di scelte e pratiche umane. La stessa spremitura dell’uva è una pratica enologica. La stessa scelta di un contenitore o di un altro per la vinificazione e l’affinamento – acciaio, cemento, legno grande, legno piccolo, legno nuovo, legno vecchio, vetroresina, damigiana, anfora, eccetera – è una pratica enologica. Tuttavia, io credo che un eccesso di enologia nuocia anche alla migliore delle uve nel migliore dei territori, rendendo fuggevole il senso del terroir, che è l’insieme inscindibile del territorio, del clima, della vigna e delle esperienze umane e quando uno fra questi elementi annichilisce gli altri, smarrendone l’equilibrio, è impossibile che vi sia grande espressione di terroir.

Quando voglio dunque avere nella mia cantina vini d’una determinata regione, scelgo prima fra quelli che vengano da vigne in conduzione biodinamica o secondo i diversi dettami dell’idea del “naturale”, in subordine fra quelli che vengano da vigneti biologici e in terza istanza fra quelli dell’agricoltura più convenzionale. All’interno di ciascuna categoria, tengo solo i vini che rispondano a criteri di finezza e di espressione del terroir, elementi entrambi che presuppongono il sostantivo che ho sopra citato sia riguardo alle scelte agronomiche, sia a quelle enologiche, ossia l’equilibrio (che non va scambiato, sia chiaro, per piattezza o mediocrità).

Pertanto, equilibrio dei fattori naturali, equilibrio fra gli elementi costitutivi del terroir, equilibrio nel calice.


3 comments

  1. claudio

    Riguardo al penultimo paragrafo “scelgo prima fra quelli che vengano da vigne in conduzione biodinamica….” non è proprio così chiaro come sembra.
    Su quali criteri applica questa scelta? Sulle certificazioni in etichetta? Oppure in base all’autocertificazione? Compra solo vini dei quali conosce personalmente il produttore?
    Penso che si sia già detto e scritto tutto sull’argomento, rispondo a questo post perché leggo da tempo i suoi post su Internet Gourmet e mi trovo quasi sempre in sintonia con quello che scrive, però trovo questa uscita un po’ strana…
    Fatico a immaginarmi Angelo Peretti di fronte allo scaffale del supermercato che sceglie in base al simbolo bio in etichetta (immagino che capiti di acquistare anche al supermercato, talvolta, visto che bisogna assaggiare di tutto)

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Ho scritto: “Quando voglio dunque avere nella mia cantina vini d’una determinata regione”, il che presuppone ricercare, informarsi, studiare, approfondire, viaggiare, conoscere. Non basta fare un salto al supermercato. Ovvio che acquisto anche al supermercato, perché sono curioso, ma l’obiettivo è (molto) diverso.

  3. claudio

    Il discorso del supermercato è una forzatura, avrei dovuto aggiungere le centinaia di siti che vendono vino, l’enoteca all’angolo, il gruppo d’acquisto, la fiera…
    La sua professione le permette di viaggiare, approfondire e conoscere molto meglio di me che di mestiere faccio altro, e che ho un po’ meno tempo da dedicare a queste bellissime attività.

    Però non è mai semplice capire chi lavora in vigna con rispetto e cervello, e non credo che si potrà mai trasferire il buonsenso in un protocollo.

    Perciò mi affido ai miei sensi, all’equilibrio nel calice. Se poi scopro che il produttore è particolarmente attento all’equilibrio vitale della vigna, la cosa mi fa solo piacere.
    A proposito ho riletto un post di Alessaro Dettori di qualche mese fa, e mi riconosco molto in questa frase “Un vino è Vino, un vino buono è un Vino Buono, qualunque sia la tecnica con il quale sia stato prodotto.”.

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