Quando il vino naturale è gastronomico e digeribile

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Sulla retroetichetta sta scritto così: “Le domaine Turner Pageot produit des vins digestes et gastronomiques”. Siccome però è scritto piccolo, non me n’ero neanche accorto. Quando l’ho letto avevo appena finito di dire che il bianco del domaine Turner Pageot l’avevo trovato estremamente gastronomico e talmente digeribile che la bottiglia si vuota in un lampo.

Che sia gastronomico è fuor di dubbio, visto che l’ho messo su uno spaghetto condito con una splendida, piccante, aromatica ‘nduja calabrese e poi su un’insalata mediterranea di cetrioli, pomodori, olive e origano e il vino non ha fatto una piega. Che sia digeribile e gustoso, be’, lo dimostra che in due l’abbiamo finito prima ancora che fosse concluso il pranzo, e ad ogni sorso cambiava, e cambiava in meglio, arricchendosi di frutto e di spezie e di vene officinali.

Gran bel vino. Che smentisce ogni e qualunque pregiudizio sul vino “naturale” – quest’è fatto secondo i canoni della biodinamica – e anzi conferma che un’uva che viene da vigne in bell’equilibrio offre vini altrettanto equilibrati, quando è trattata da gente che il vino lo sa fare.

Curioso è stato il modo in cui l’ho conosciuto, questo bianco della Languedoc, Francia. Giornata romana densa di impegni. A sera una stanchezza che non mi veniva neppure voglia di cenare. Sono andato al Mercato Centrale di Roma Termini, fiondandomi alla minuscola enoteca che sta di fronte all’ingresso principale, quello di Via Giolitti, 36. È l’enoteca di Luca Boccoli, uno che di vino se n’intende assai. Chiedo un calice di vino bianco che mi ritempri. Mi propongono due italiani. Cerco qualcosa di più elettrizzante. Mi suggeriscono Le Blanc 2016 di Karen Turner ed Emmanuel Pageot. Ok, vada per la sfida.

L’ho trovato non buono, buonissimo, e ho chiesto di poterne comprare una bottiglia, che ho bevuto ora trovando il vino di nuovo non buono, buonissimo.

Per i patiti dei descrittori, sappiate che ha colore vagamente ambrato, come fosse un vino da macerazione, ma in bocca la freschezza è estrema e il frutto nitidissimo. Il frutto in questione è soprattutto, a mio avviso, il mango, ma mica quello da supermercato, che parte immaturo e non sa quasi di niente. Intendo invece il mango bello maturo dei terreni vocati, che ha quel finale vagamente officinale. La persistenza è consistente, l’equilibrio fascinoso.

Insomma, mi piace tanto.

Nasce per l’ottanta per cento da uve di roussanne, il resto è marsanne. Rese basse. Biodinamica e fitoterapia. Fermentazione spontanea – lieviti indigeni – parte in barrique. Trenta giorni di macerazione per la marsanne. Affinamento sui lieviti fino alla primavera.

Languedoc Le Blanc 2016 Turner Pageot
(95/100)

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