Il vino e la variabile del tempo

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La variabile del tempo la reputo essenziale per godere di un vino nella sua pienezza espressiva. Non c’è vino ben fatto – e per ben fatto intendo un vino che venga da vigne in equilibrio e che sia interprete del proprio terroir e che sia frutto anche del savoir faire del vignaiolo – che non si avvalga dell’apporto del tempo. Tutti i vini hanno bisogno di tempo – e di pazienza – per esprimersi al meglio. In archi temporali che tengano conto delle caratteristiche intrinseche del vino.

Da un vino rosa mi aspetto che sia buonissimo nella sua giovanile esuberanza e che diventi più complesso e insieme più fine in un arco di cinque anni.

Da un rosso o da un bianco di struttura non imponente mi attendo che migliori progressivamente in un periodo di una decina di anni.

Da un rosso di maggior trama tannica o da un bianco che viene da suoli di rocce vulcaniche o di argille compatte resto in attesa che mi dia il meglio di sé nei vent’anni.

Poi, ci sono le eccezioni, che hanno sviluppi ancora più prolungati, ma quelli sono i fuoriclasse.

Ma attenzione, nessun pietismo. Non sto parlando di vini che “sopravvivono” al tempo. Quelli non mi interessano, se non per curiosità, e in questo caso per invecchiamenti che stiano intorno ai cinquant’anni. Sto dicendo di vini che crescono di qualità col passare del tempo, e questo accade per qualunque vino davvero buono, a prescindere dalla sua tonalità di colore.