Il vino e la politica, mancano idee, dunque si denigra

bicchieri_vuoti_400

“Ci sono poche idee, meglio denigrare”. Lo scriveva Pierluigi Battista sul Corriere della Sera rispetto alla competizione politica. Lo si può dire anche del vino, e anzi una cosa del genere l’ha scritta Alessandro Morichetti su Intravino. Forse è un fattore congenito di questa nostra Italia, chissà.

Scriveva Battista, riguardo alle tante, troppe polemiche divampate nel corso della campagna elettorale, della “eterna tentazione di combattere la lotta politica con altri mezzi, confidando nei passi falsi del nemico invece che sulla forza di convinzione del proprio schieramento. Una deriva in cui la demolizione dell’altro fa premio su qualunque altro discorso. Come se davvero gli elettori decidessero su questi temi come orientarsi e quale schieramento premiare. Un’illusione. L’ennesimo errore”.

Scriveva Morichetti, riguardo al “caso” Cà del Bosco, che questa è “un’azienda che – ci crediate o no – è abbastanza invisa alla (ristretta) cerchia degli enostrippati italiani. Gente anche informata, acculturata, che un minimo di contestualizzazione e senso delle proporzioni potrebbe averlo eppure niente, di fronte a Ca’ del Bosco parte l’embolo” e aggiungeva: “La mia idea è che CDB sia un ottimo esempio di un disagio sociale tipicamente italiano per cui l’avere successo è motivo di fastidio. Talvolta ai limiti dell’odio, sentimento assai faticoso tra l’altro”.

Potrei scrivere le stesse cose a proposito del Prosecco, perché mi pare un’altra clamorosa evidenza. Il fatto che se ne faccia e se ne venda tanto, ma proprio tanto, sembra dare un fastidio enorme, e avanti con la demolizione delle bolle nordestine, che però continuano a vendere come se niente fosse, e questo dà ancora più fastidio.

Ha ragione Morichetti: avere successo, in Italia, è motivo di fastisio. Ha ragione Battista: se non hai idee, cerchi di gettare discredito sulle idee altrui. Come se davvero l’elettore e il bevitore scegliessero sulla base di questi atteggiamenti.