I vini naturali non sono per tutti

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Il cartello dice: “Attenzione! Vini naturali. Come i formaggi che puzzano o il te Lapsang Souchong, possono avere un gusto a cui occorre essere abituati: non sono per tutti. Se non avete familiarità con i Vini Naturali, vi preghiamo di chiedere assistenza. Nota bene: non sono accettati resi motivati dal fatto che non vi piacciono”.
Il cartello è in un negozio americano. Ma di questo cartello ho visto la foto sulla pagina Facebook di una delle più brillanti wine writer americane: Alice Feiring. L’ha pubblicata a fine dicembre e mi si è ficcata in testa e oggi dunque la riprendo. Ne ha anche parlato sul suo blog The Feiring Line, che consiglio a tutti di seguire.
La prima cosa che ti viene in mente, a vedere un cartello del genere è: ma che cavolo vendi vini naturali, se poi metti un avviso del genere, dal suono così minaccioso verso i clienti?
La seconda cosa che ti viene in mente è: ma dunque si continua a dire che “naturale” significa per forza”puzzone”?
Poi ci ripensi e capisci due cose.
La prima: quel negozio i vini naturali comunque ha scelto di venderli, e dunque non ha retropensieri o pregiudizi. Anzi.
La seconda: c’è da fare parecchia fatica a spiegare cosa siano certi vini che appartengono alla sfera del “naturale” e del perché e del percome siano così diversi da certi vini che appartengono alla sfera del “convenzionale”, e dunque a volte può servire anche essere “shockanti” nella comunicazione. Anzi.
Ergo, per me questa è una bella operazione di comunicazione.
Che ha una sintesi in quella breve definizione: “not for everyone”, non sono per tutti.


5 comments

  1. Maurizio Gily

    Ask for assistance. Fabulous. Siccome tra i vini “naturali” ce ne sono parecchi di buoni direi che tutto sommato basterebbe comprare e vendere quelli, invece di cercare di convincere i clienti a bere quelli cattivi. Danneggiando, tra l’altro, i produttori, perché nulla danneggia di più un produttore che fargli credere che il suo vino è bevibile quando non è vero.

  2. #angeloperetti

    #angeloperetti

    Obiezione interessante, Maurizio. Ma a me sembra che l’iniziativa di quel cartello sia piuttosto furba, in termini di marketing, perché c’è una fetta di pubblico che ritiene che un vino stilisticamente impeccabile non possa essere davvero “naturale”, e dunque cerca vini “imperfetti”. Il cartello alla fin fine dice: “Cari amanti dei vini imperfetti, noi i vini che cercate li abbiamo. Astenersi dall’acquisto chi cerca altre cose”. Alla fin fine, un venditore cerca di collocare tutto quello che il compratore chiede.

  3. gaetano

    Personalmente mi è rimasto impresso nella mente un traminer “naturale”, con la sua puzzetta iniziale, ma che poi ha espresso ottimi profumi floreali e una bella freschetta in bocca, piuttosto che tanti vini corretti, ma anonimi. Ad ogni modo il “naturale” ti deve piacere, altrimenti capisco si faccia fatica a capirlo.

  4. Il chiaro

    Io invece la butti lì: perchè un cosiddetto vino naturale deve giustificare certe sue peculiaritá (non puzze, quelle sono difetti a prescindere) e invece non deve essere un vino ottenuto da un tot. di uva e un tot. di chimica (vini convenzionali) a farlo?

    Quando un ragazzino assaggia un ovetto kinder esclama “BUONO!!!!” ma questo succedde perchè è cresciuto con quel tipo di cioccolato. Se fosse cresciuto con della cioccolata “vera” (scusate, ma era solo per rendere l’idea in modo veloce) l’ovetto kinder neanche al gatto lo darebbe da mangiare.
    Provate a bere del latte appena munto e del latte confezionato: sono due cose completamente diverse, ma la grande industria (quella che fa vini con pesante ausilio chimico) ha imposto un gusto che non è per niente naturale.

    Ecco, si sbaglia l’obiettivo: si scrivono articoli sui vini cosiddetti naturali, si fanno critiche e obiezioni su di essi quando, invece, sarebbe tutta roba da fare nei confronti dei vini chimicamente addizionati. E voi giornalisti dovreste davvero cominciare a pensare a questa cosa e fare un mea culpa per ogni volta che avete incensato vini cui l’uva usata per produrli dava fastidio.

  5. Andrea Tibaldi

    Mah… Io mi ritengo abbastanza esperto di cibo, e relativamente novizio nel campo del vino. Se devo valutare le differenze “tecniche” tra la Nutella e La Crema Novi, be’, basta leggere gli ingredienti. Poi all’assaggio, l’esperienza mi dice che un palato più abituato a discriminare la qualità mette al secondo posto la Nutella, e il contrario se il soggetto in questione è meno “critico” nella scelta dei cibi.
    Nel vino, chi mi dice che sia stata usata “chimica”? Cosa significa usare “la chimica”? Ok, lo sappiamo quali pratiche si possono usare in cantina… Ma nell’etichetta non c’è scritto. Quindi? Possiamo solo ipotizzare. E queste pratiche che sentori danno al vino? Sono codificabili? I vini “convenzionali” contengono sostanze chimiche peculiari? E i vini naturali? Esistono università o centri di ricerca che fanno studi su queste cose? Panel di degustatori che fanno confronti? A me non sembra così difficile… Ma se non si fa, allora tutti i nostri bei discorsi rimangono poco più che opinioni con ben poca oggettività dietro. Rispettabili e legittimi, per carità…

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