I grandi vini del passato erano fatti per invecchiare a lungo. Quelli moderni non durano. Sono costruiti nell’ottica del breve periodo. Buoni da bere subito, e poi addio. Certo, non si può assolutizzare, ma sono convinto che in buona parte dei casi, in Italia come nel mondo, sia così. Il fatto è che se a esserne convinto sono io, la cosa conta poco, però se a dire le stesse cose è un editorialista di Wine Spectator, che è la rivista più influente che ci sia al mondo per quel che riguarda il vino, allora la cosa ha il frastuono di una bomba.
L’editorialista in questione è Matt Kramer, che per me è una delle più brillanti menti pensanti della critica vinicola mondiale. Su Wine Spectator ha detto proprio così: “La maggior parte dei vini di oggi – non tutti, attenzione – raggiungeranno il loro punto di non ritorno nell’invecchiamento dopo appena cinque anni di sosta in cantina successivamente alla commercializzazione. Estendete l’arco temporale a dieci anni di invecchiamento aggiuntivo e ritengo probabile che ricomprenderete un buon 99 per cento dei vini di tutto il mondo, e non importa quanto siano reputati o costosi”. Sono – osservo – virtù che tuttavia decadono in fretta. Più in fretta che un tempo.
Cavolo, sì, è una bomba, soprattutto per il mercato anglosassone, che ha un grande numero di collezionisti di vino, che spendono fortune per comprare i cosiddetti fine wines.
Ma Kramer, anziché ravvedersi, rincara la dose: “I vini di oggi sono costruiti per evolvere più rapidamente che i vini fatti decenni fa, pur conservando tutte le virtù dei loro antenati, oppure – e questo può sorprendervi – avendone anche di più”.
Perbacco, occorre rifletterci. Parecchio.
Articolo originariamente pubblicato il 12 gennaio 2015
Viviana
Bere per credere …i nostri vini tra cui un bianco vinificato solo in acciaio !!!del 2009 è perfetto e così le annate a seguire.
Angelo Peretti
Grazie, ma mi suona come un’autocertificazione. Magari dovrebbero essere dei terzi a dirlo.