Il valore simbolico del vino

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Laurent Gotti è un giornalista iperattivo che tra le altre cose gestisce il blog 365 Jours en Bourgogne – All About Burgundy. Di recente vi è apparsa un’intervista a Aurélie Labruyère e Julien Gacon, autori di un libro che mi riprometto di acquistare, intitolato “Pourquoi est-ce un chef d’oeuvre?”
Un paio di frasi mi sono sembrate parecchio interessanti e volevo condividerle con i miei pochi, ma buoni, lettori.
Riporto tradotte domanda e risposta.
«D: “Il vino è investito di un valore simbolico capace di farci sognare”, avete scritto nella introduzione. Che valori simbolici attribuite alla Borgogna?
R: Non vorrei opporre la Borgogna al resto del territorio vinicolo. Parliamo nel libro di tre grandi modelli: Bordeaux, Bourgogne e Champagne. Sono tre modi di tendere verso l’universale. Degli approcci che si sono in realtà cristallizzati solo recentemente. Dirigersi verso la Borgogna significa senza dubbio accettare la complessità del mondo. Il suo valore più marcante è la raffinatezza attraverso l’idea di sfumatura. La Borgogna ha spinto più avanti di tutti questa idea: si mette in pratica attraverso la complessità dei Climat (crus, si riferisce al riconoscimento dei Climats da parte dell’Unesco). Più si è civilizzati, più ci si interessa ai dettagli. E più si è sfumati nelle proprie intenzioni.
D: Argomento di particolare attualità!
R: È il marketing dell’offerta più spinto che ci sia. I Climats sono incisi nella pietra. Sono limitati, con la nozione di esclusività che ne deriva. Quando un produttore si rade al mattino, riflette su come ricavare la quintessenza di tutto questo, più che interrogarsi sui nuovi mercati. È un approccio artistico: cercare il bello, il grande, indipendentemente da cosa pensa il mercato. Ad ogni modo si troverà comunque il proprio mercato. Questo non significa che i produttori non si preoccupino di come sono percepiti i loro vini. Semplicemente non è la loro preoccupazione».
Certamente a molti questo modo di pensare potrà sembrare elitario. O forse se lo possono permettere perché sono in Borgogna, e i vini di quella regione benedetta se li contendono all’ultimo sangue tutti gli appassionati e collezionisti del mondo. Però queste riflessioni, magari su scala più piccola, farebbero bene a tanti produttori italiani, a tante denominazioni italiane, che a queste idee potrebbero ispirarsi.
Va da sé che ritengo la complessità e la varietà una delle grandi risorse e verità del vino, e trovarle all’interno di una singola regione non fa che aumentare la mia voglia di capire. Al di là delle mode.


1 comment

  1. Guglielmo

    Il piacere, pur grandissimo, che si prova dall’assaggio di un grande vino é relativamente poco rispetto al godimento che risulta dal prendere parte, anche solo emotivamente, ad una storia ormai millenaria che é dietro quel breve momento. La grandezza di un vino dipende anche dalla grandezza della sua narrazione.Tutto cominciò con i Clos dei monaci di Cîteaux e Cluny, anche se si é dovuto attendere almeno il XVI e il XVII secolo perché la nozione di climat si definisse compiutamente nel senso che oggi i borgognoni gli attribuiscono . La filosofia che é alla base della vicina Champagne é stata diversa: le grandi cuvées non nascono dall’unicità del terroir, ma dal loro sapiente assemblaggio. Eppure siamo a poche decine di chilometri da Chablis.

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