Uno sguardo sui vini della Corsica

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Se c’è una regione francese che si conosce poco dal punto di vista vinicolo, direi che questa potrebbe essere la Corsica. Come molte delle regioni ad alta vocazione turistica, assorbe localmente la maggior parte dei vini prodotti. In giro insomma, intendo in Italia, c’è poco da assaggiare, a meno che non si vada a cercarlo con ostinazione.

Mi è stata offerta l’occasione di saperne di più in occasione di un seminario tenuto nel corso del recente Wine Paris. Cominciamo con il dare alcune informazioni generali.

La Corsica vede 5750 ettari di vigne piantate, nove sono le aop (appellations d’origine protegée) e una l’igp (indication géographique protegée). I produttori sono 290, di cui 130 mettono in bottiglia il loro vino e 160 conferiscono le uve alle 4 cantine cooperative. La produzione è di 366 mila ettolitri, 236 mila in igp, 107 mila in aop e il poco restante in Vin de France e sono 49 milioni le bottiglie messe in commercio, con un sorprendente (almeno per me) 67% di rosato, 18% di rosso e 15% di bianco e dolce. La quota di export rappresenta il 20% del totale. Stiamo parlando di circa l’1% dei vini prodotti in Francia.

Andando a guardare la situazione geografica, salta subito agli occhi come la Corsica sia al centro di un triangolo composto da Italia, Francia e Spagna. Di fatto, è considerata una montagna sul mare, con oltre 100 cime che superano i 2000 metri di quota. Le principali zone di produzione, come possiamo immaginare, si trovano lungo la costa o nelle immediate vicinanze, il centro è per l’appunto molto accidentato e montuoso, con un clima poco adatto alla coltivazione della vite.

In questo caso si è voluto approfondire la conoscenza dei vini bianchi secchi isolani. C’è da sottolineare come i vignaioli stiano da qualche tempo impegnandosi nel recupero di antiche varietà autoctone, approfondendo così la ricerca di espressioni originali ed uniche che tali uve sono in grado di conferire.

Due parole sulle principali varietà coltivate. Ovviamente domina il vermentino, uva che potremmo definire mediterranea per antonomasia, e che troviamo molto diffusa sia in Francia continentale che in Italia e, in misura molto minore, in Spagna. Sembra anzi secondo alcune fonti che la pianta arrivi dal nord-est della Spagna, o addirittura dal Portogallo o da Madeira, dove sarebbe conosciuta con il nome di malvasia. Altre uve locali sono il muscat à petit grains, il biancu gentile, il carcaghjolu, il riminese, il biancone, il pagadebiti, il genovese, solo per citarne alcune. Come si evince facilmente, si tratta spesso di varietà importate e diventate autoctone nei secoli.

Vediamo alcuni dei vini in degustazione, tutti bianchi.

Yves Leccia, Patrimonio L’Altro Biancu 2019. Un 100% biancu gentile piantato su colline a nord dell’isola, con esposizione sud-ovest. Non ha fatto malolattica. Naso delicatamente aromatico, andiamo verso le radici e le piante, liquirizia e anice in primis. Un naso particolare, tra il vegetale e la mela, con ricordi di menta. Grande materia, è senza dubbio dotato di una struttura potente e termina grasso su note di liquirizia. (90/100)

Orenga de Gaffory, Patrimonio Cuvée Felice 2019. Qui abbiamo invece un vermentino su suolo di calcare e presenza di gesso e argilla. Si tratta di vecchie vigne, vendemmiate con una maturità spinta e vinificate in acciaio. Naso delicatamente aromatico, andiamo verso le radici e le piante, liquirizia e anice in primis. L’ingresso è morbido, poi arrivano una bella mineralità e una acidità citrina. Il finale ha un ritorno di alcol ed è abbastanza caldo, anche se la vena acida riporta il tutto in equilibrio. Sicuramente un vino da attendere almeno tre o quattro anni. (86/100)

Domaine de Torraccia, Corse Porto-Vecchio Oriu 2018. Siamo stavolta al sud-est, su suoli di granito sopra colline piuttosto scoscese, con esposizione sud-est. È un 100% vermentinu. Note di resina, fiori, piante spinose, siamo nel mezzo della macchia mediterranea. Un palato delicato, tra la morbidezza del frutto, l’acidulo degli agrumi e la salinità del finale. Bell’aperitivo. (84/100)

Clos Alivu, Patrimonio 2019. Vermentinu su suolo calcareo. Vendemmia leggermente surmatura e macerazione sulle bucce. Si sviluppano gradualmente degli aromi molto intriganti di foglie, mandorla e fiori. Il palato è decisamente salino, si sentono i capperi. Un vino raffinato. (86/100)

Clos Culombu, Vin de France Storia di E Signore 2018. Pur provenendo dalla zona dell’aop Calvi, a nord-ovest dell’isola, si tratta di un Vin de France, per la presenza varie uve autoctone non consentite dal disciplinare. Tra queste brustianu, cualtacciu, cudiverta, riminese e genovese, oltre al biancu ghjentile. Terreni granitici, fermentazione e affinamento in botti grandi per il 10%, in anfore di pietra arenaria per il 35% e per il resto in acciaio. Uno dei vini più interessanti della degustazione. Naso per niente banale o tecnico, con aromi di anice, terra e argilla. Si rivela di grande carattere al palato, dove si potrebbe definire di una ricchezza contenuta. Molta eleganza e sapidità, è in grado di crescere in complessità nel bicchiere, il che fa pensare che avrà una vita molto lunga. Non il più facile ad ogni modo, chiede di essere capito. (91/100)

Clos Venturi, Vin de France Altare 2018. Vigne di biancu gentile, vermentinu, riminese e genovese piantate con densità di 5 mila ceppi per ettaro, su suolo di arenarie. Si tratta di uno dei pochi vigneti piantati al centro dell’isola, in mezzo alle montagne e con un clima particolarmente freddo. Il terreno è un mix di tutti i suoli della Corsica. Fermentazione con lieviti indigeni in botti grandi a contatto delle bucce per due o tre giorni. Affinamento nelle stesse botti per dodici mesi sui lieviti. Malolattica parziale e nessun trattamento o filtrazione. Un vino a parte, come si intuisce anche dalle note tecniche. Partiamo da un naso meraviglioso, espressivo e complesso. Note di pepe bianco, radici. Menta, limone, cedro, e molto altro. Il legno è usato alla perfezione per arrivare a tale livello di complessità. Bilanciato, ha una lunghezza impressionante, pur essendo aperto e solare, non ha nessuna esuberanza, tutto è al suo posto. Finale dove si ritrovano i fiori, la frutta e la terra umida. (94/100)

Clos Canereccia, Corse Sophie 2017. Siamo sulla costa est, su terreni alluvionali e argillosi. Vermentinu, biancu gentile e genovese in parti uguali. Fermentazione con lieviti indigeni in barriques da 500 litri di Berhomieu e poi affinamento in botti grandi da 12 ettolitri di Taransaud. Intenso, ha note di mandorla e frutta matura. Potente e grasso, è dedicato agli amanti del genere. (84/100)