Quando uno Champagne fa discutere (ed è un pregio)

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I vini di Anselme Selosse sono destinati a fare discutere, e questo è già per me un pregio. Non devono necessariamente piacere a tutti o rappresentare la massima espressione di quanto si può produrre in Champagne. Di sicuro sono l’espressione della volontà di un grande vigneron, e dei più grandi terroir della Côte des Blancs. Poi è una questione di stile, e su questo è sempre possibile dividersi. Piaccia o no, Selosse ha influenzato tutta una generazione di produttori, indicando una nuova via.

I vigneti sono coltivati con il massimo rispetto (non sono in agricoltura biodinamica, Anselme si riserva il diritto di trattare se indispensabile per salvare il raccolto), i livelli di maturità (grazie anche a questo approccio agricolo) sono inimmaginabili altrove nella regione, in cantina vige il “non fare”, assieme all’affinamento in vecchie barriques e poi in bottiglia per lunghissimi anni.

V.O., Version Originale, è di solito una composizione di tre annate da tre cru: Avize, Cramant e Oger. La differenza rispetto al Brut Initial è l’età delle vigne, qui sono quelle più vecchie, e la loro posizione, più in alto in collina.

Questa bottiglia ha avuto il suo dégorgement nel novembre del 2000. Il colore è magnifico, sicuramente grazie anche all’età della bottiglia. L’ossidazione ci porta più verso Jerez che in Champagne. Una volta nel calice il vino si fa più calmo e riflessivo, e si avvicina stavolta ad un Borgogna, diciamo un Corton-Charlemagne. Nonostante la potenza riesce a restare leggero e questa è una dote dei grandi vini. Si apre su note di camomilla, di pietra, zenzero, pasticceria, miele e spezie. Sembra che l’età ne abbia calmato gli slanci giovanili, ricomponendo un insieme originale ma profondamente ancorato al suo terroir.

Champagne Grand Cru Extra-Brut Blanc de Blancs V.O. Jacques Selosse
(93/100)

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