Un sorso di Abruzzo, Ortona

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Eccomi al secondo Sorso di Abruzzo. Dopo la Costa dei Trabocchi è il turno di Ortona, visitata per Calici di Stelle.

Credo che un po’ tutti conoscano la manifestazione Calici di Stelle. L’evento abruzzese è stato ideato da Città del vino e dal locale Movimento Turismo del Vino, che raggruppa una cinquantina di cantine presiedute da Nicola D’Auria.

Ortona e il suo Castello Aragonese sono stati scelti per ospitare l’edizione del 2017, che ha registrato il tutto esaurito già parecchi giorni prima del suo svolgimento, segno dell’attaccamento degli abruzzesi ai prodotti del territorio.

Merita spendere qualche parola anche su Ortona. Una città dalla storia travagliata, che la ha vista appartenere, dopo la sua fondazione da parte dei Frentani, ai Romani, ai Goti, ai Bizantini, ai Longobardi e ai Normanni. Segue poi le traversie delle terre abruzzesi e dell’Italia centrale fino alla seconda guerra mondiale. Nel 1943, dopo sei mesi di bombardamenti, la città fu praticamente rasa al suolo, tanto che sir Winston Churchill la definì “la Stalingrado d’Italia”. Da segnalare la presenza dell’Enoteca Regionale d’Abruzzo, che ha sede nel palazzo Corvo di Ortona, a pochi passi dal Castello Aragonese. Qui si trovano un po’ tutti i vini della regione, circa 400 etichette. Ed anche un wine bar che consente abbinamenti con formaggi e salumi regionali. Insomma una sosta ristoratrice, grazie anche alla qualità dell’accoglienza da parte di chi ci lavora, per nulla scontata in contesti come questo.

Il Castello Aragonese risale al 1492, ma subì la quasi totale distruzione nel 1943 a causa del tiro incrociato di tedeschi ed americani, per poi collassare a causa di uno smottamento nel 1946. Il recente restauro ha riportato all’antico splendore tutta la parte esterna della fortificazione.

La manifestazione è stata l’occasione per una veloce ricognizione sui vini d’Abruzzo. Un territorio piuttosto unico, schiacciato tra le colline e le montagne dell’interno, e la costa adriatica. In pochi chilometri si passa da un clima continentale ad uno mediterraneo. Ci sono cambi repentini di suolo, di esposizione, di altitudine. Tutto questo contribuisce a creare condizioni ideali per la coltivazione della vite. E anche molto diverse rispetto ad altri territori di grande tradizione vinicola. Un ruolo importante spetta ai vitigni autoctoni, dominati dal montepulciano d’Abruzzo. Nascono vini talvolta rustici, ma caratterizzati da un frutto esuberante. Anche la versione rosata, il Cerasuolo Montepulciano d’Abruzzo, ha una sua grande dignità. Altri vitigni importanti sono il trebbiano d’Abruzzo, la cococciola, la passerina e il pecorino.

Impossibile dare conto di tutti i vini assaggiati. In generale si è trattato, vista la stagione, di bianchi e di rosati. I rossi da montepulciano erano numericamente poco presenti.

La convinzione è che si tratti una regione dal grande potenziale, ma ancora non perfettamente espressa. Dominano le grandi cantine, con produzioni numericamente importanti e logiche commerciali orientate al mercato di massa. Le piccole cantine faticano talvolta a trovare la loro strada tra un tecnicismo di maniera e una interpretazione personale talvolta anche troppo tradizionale.

Il Montepulciano d’Abruzzo è un vino che ancora non ha trovato, a mio avviso, la piena consacrazione sul mercato mondiale. Troppa tecnica, e diventa un vino anonimo, indistinguibile da qualsiasi altro prodotto. Troppo legno, e rimane prigioniero di note amare e di tannini troppo abbondanti. La via giusta è quella di sfruttare suoli ed esposizioni per conservare freschezza senza impattare sull’alcol. E poi botti grandi, o un uso veramente millimetrico e delicato della barrique. Il suo frutto deve restare libero e non coperto da legno o da tecniche invasive. Sono convinto che sempre più produttori prenderanno questa via.

Altro notevole potenziale esiste per il Cerasuolo, un rosato di grande personalità, forse con il Salento e la zona del Bardolino si tratta dei migliori territori per questo colore oggi alla moda. I migliori Cerasuolo hanno frutto e freschezza, se non si esagera in vinificazioni tecnologiche a bassa temperatura.

Poco conosciuta, la cococciola può generare degli ottimi spumanti e dei bianchi fini e nervosi. Il pecorino sta vivendo una stagione commerciale felice, anche se sono convinto che i migliori vini con questa varietà si ottengano nelle Marche, dalle parti di Offida. Ma le esperienze dei produttori con questa varietà sono di recente data, e non mi sorprenderei di dover cambiare idea tra qualche anno.

Segnalo molto rapidamente per alcune delle cantine assaggiate i vini che maggiormente mi sono piaciuti.

Rapino ha presentato un Cerasuolo Francesco Paolo Tosti 2016 colorato e di buona lunghezza, lo metterei su una zuppa di pesce locale.

Ancora un Cerasuolo d’Abruzzo 2016 per Guardiani Farchione. Grande frutto e piacevolezza, mentre leggero e facile è il Trebbiano D’Abruzzo 2016.

Faraone si è distinto per il Pecorino dei Colli Apruntini Collepietro 2016, un vino a tendenza “naturale” raffinato e speziato.

Di Valle Martello segnalo un Colline Teatine Cococciola 2016 di agrumata finezza, riuscito anche lo spumante.

Cantina Dora Sarchese si cimenta con un metodo classico da uve cococciola, l’Esmery’s.

L’Abruzzo Pecorino Ferzo 2016 di Citra non è male, anche se piuttosto tecnico.

Erbe aromatiche e buccia di arancio per il bel Cerasuolo d’Abruzzo 2016 di Olivastri, che presentava anche uno dei pochi Montepulciano d’Abruzzo, un 2013 ricco di frutto.

Una segnalazione particolare per Fausto Zazzara, autore di un Pecorino Metodo Classico, il Majgual, esuberante e finemente aromatico. Era purtroppo l’unico vino presentato, per cui rimane la voglia di provare il resto della produzione, solo spumanti e solo metodo classico.

Ancora un Cerasuolo per Colle Zambra, il Colle Maggio 2016, vivace ma tecnico.

Buccicatino si distingue per il Pecorino 2016, semplice, e per un Cerasuolo d’Abruzzo 2016 altrettanto facile. Interessante il Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2008, fumé e maturo.

Di Cerulli Spinozzi ricordo il Pecorino Cortalto 2015, leggero ed agrumato, e il Cerasuolo Salasso 2016, dalle note di pepe e ciliegia. Il Montepulciano Colline Teramane Torre Migliori Riserva 2010 si basa su una struttura imponente e su un accorto uso del legno.

Chiudo con Chiarieri che mi ha fatto assaggiare forse il miglior bianco della serata, il Colline Pescaresi Pecorino 2016, speziato, agrumato e di ottima fattura.