Un ottimo vino che non serve a niente

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Qualche giorno fa ho bevuto un ottimo vino che però non serve a niente.

Nel senso che era un rosso terribilmente ben fatto. Colore brillante rubino violaceo. Naso intenso di frutti rossi maturi. Bocca piena, ancora con i frutti rossi ben definiti e poi una sottile pepatura e una buona freschezza che teneva a bada un’alcolicità di tutto rispetto. Il legno era appena sotteso nella trama tannica vellutata. Gran bella mano enologica. Applauso all’enologo. Solo che.

Solo che di questo vino non avrei (non ho) saputo individuare né il territorio d’origine, né le uve. Non avrei (non ho) saputo dire se venisse dal vecchio o dal nuovo mondo enologico. Nulla. Poteva provenire da ovunque, da qualunque vitigno. Un capolavoro tecnicistico dell’enologia applicata, ma privo di anima, di appartenenza, di linguaggio. Un vino dunque che, nonostante la sua perfezione formale, non riberrei e non consiglieri di bere.

Poi ho letto l’etichetta, Un Sangiovese, dell’igt Toscana. Il sangiovese chissà dov’era. La Toscana chissà dov’era. Un rosso sostanzialmente inutile.


2 comments

  1. Davide

    Mah ! cosa ci dobbiamo fare ? oggi il vino è di moda e si vende di tutto, la colpa è anche nostra di noi consumatori, abbiamo sempre poco tempo per tutto , spesso nel bicchiere arrivano vini del genere e nei pochi minuti di pausa che abbiamo la maggiorate delle persone si fida di cosa propone il padrone del Vapore, la cultura e la passione aiutano il piacere di scegliere cosa e dove mangiare e bere con i nostri soldi anche con pochi minuti a disposizione , a volte dire due parole ad un gestore non molto attento agli acquisti di vino e rifiutare sempre in modo garbato le proposte della casa possono dare dei pensieri ai proprietari , capire cosa si compra e cosa si propone può essere un primo passo per questo grande immenso universo che è il vino, lo dico per il loro bene, altrimenti gli appassionati metteranno da parte questi locali .

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie per il commento. Servirebbe davvero una nuova consapevolezza degli osti e dei ristoratori.

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