Un appello a Gerry Scotti, ritiri quelle etichette

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Sono contentissimo quando qualche personaggio famoso della musica, della televisione, del cinema decide di fare vino. Perché può aiutare a far crescere l’interesse per il settore, ad avvicinare le persone. Non ho dubbi, ad esempio, sul fatto che l’esplosione dei rosé sul mercato americano sia stata agevolata dal fatto che Brad Pitt e Angiolina Jolie si siano messi a produrre un rosato (un ottimo rosato) in Provenza. Dunque, un benvenuto va dato anche al conduttore televisivo Gerry Scotti che a Vinitaly presenterà la sua linea di vini prodotti in Oltrepò Pavese.

Tuttavia, quei vini fanno discutere. Per il nome che gli è sato dato. La linea si chiama “Nato in una Vigna”, testo che appare in grand’evidenza in etichetta, con il termine “vigna” in grassetto, molto visibile. Ebbene, come ha ben sottolineato su Facebook il professor Michele Antonio Fino, che è professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e uno dei maggiori esperti italiani di normativa vinicola, quella dicitura sembra proprio non andare. Perché – e la cosa è riportata anche dal sito Vini al Supermercato – l’utilizzo del termine “vigna” è soggetto a regole molto severe.

A trattarne è il decimo comma dell’articolo 31 del Testo Unico del vino, il “testo sacro” di chi si occupa di vino in Italia. Dice così: “La menzione «vigna» o i suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, può essere utilizzata solo nella presentazione o nella designazione dei vini a DO ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, purché sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37 e a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente e che sia previsto un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni mediante procedura che ne comporta la pubblicazione. La gestione dell’elenco può essere delegata ai consorzi di tutela riconosciuti”. Insomma, scrivere “vigna” è possibile solo a determinate, rigidissime condizioni, perché quel termine ha un significato preciso, che indica una fedeltà assoluta ad un particolare, singolo vigneto “vocato”, ed è dunque, di fatto, l’equivalente del “cru” francese.

A ben poco serve che l’azienda partner si Gerry Scotti, sempre su Vini al Supermercato, precisi che “Nato in Vigna è scritto solamente sulla parte frontale”: le norme sull’etichettatura sono chiare e si estendono a tutta la presentazione del vino, perfino la scatola di cartone che raccoglie le bottiglie o il sito internet aziendale.

Il fatto è che ogni giorno per anomalie formali ben meno appariscenti di questa vengono sanzionati vignaioli e produttori in tutt’Italia. La pressione burocratica sulla produzione del vino non è mai stata così alta. Da un lato è un bene, perché vuol dire che i controlli si fanno, dall’altro è quasi un’asfissia per le piccole aziende. Dunque, mi pare quanto meno inelegante che un volto noto della tv esca con dei vini che si muovono sul filo dell’interpretazione dei cavilli espositivi. Mi sembra inelegante soprattutto nei confronti di quelle migliaia di minuscoli produttori italiani che ogni giorno sudano addirittura più per star dentro le regole della burocrazia vinicola che non per lo stesso lavoro nel vigneto o nella cantina.

Ecco, allora lancio un appello a Gerry Scotti: ritiri quelle etichette, per dare un segnale di attenzione ai suoi colleghi del vino italiano. Ritiri quelle etichette e si unisca alla battaglia per la semplificazione burocratica. Farebbe un gran bene al mondo del vino italiano, e tutti noi che abbiamo passione per il vino italiano solleveremo un calice del suo vino. Anche se non si chiamerà più “Nato in una Vigna”. Coraggio.


1 comment

  1. Franco Ziliani

    ho avuto in mano quelle bottiglie, da voi incriminate, allo stand di Fabiano Giorgi al Vinitaly. Le ho guardate e riguardate e ho concluso che il mio caro amico profesur, Michele Fino, ha esagerato nel fare il leguleio vinicolo. Ha esagerato sparando contro quei vini perché sono stati firmati da un personaggio noto del mondo dello spettacolo.
    Non fanno male a nessuno, non ingannano il consumatore, non si pongono sul sottile limite tra il lecito e l’illecito.
    Per cui credo che anche l’appello di Angelo sia esagerato e fuori misura. Quelle bottiglie contengono vino onesto e metterle sotto processo é esagerato. E ingeneroso

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