Trento e Trentodoc, confusione mondiale

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Ecco, adesso la confusione è totale, assoluta, drammaticamente globale. Da sempre sostengo che la scelta di creare per il metodo classico della doc Trento un marchio Trentodoc è stata un errore, perché in questa maniera si è offuscata l’origine territoriale del vino, la si è mascherata. Ma se anche un’attentissima osservatrice della realtà vinicola italiana come Kerin O’Keefe arriva a confondere denominazione e marchio, allora siamo davvero messi peggio di quel che pensavo.
È accaduto pochi giorni orsono sul magazine americano Wine Enthusiast. La O’Keefe, che si occupa da lungo tempo di vino italiano (e che stimo parecchio: con lei, quando collaborava con Decanter, ho anche partecipato a una degustazione di Barolo, confluita poi in un ampio servizio), ha firmato un pezzo dal titolo “Trentodoc: Italy’s Mountain Sparkler”, ossia, grosso modo, “Trentodoc: le bollicine italiane di montagna”. Insomma, già nel titolo il marchio Trentodoc oscura la doc Trento. Però poi nel testo accade il disastro. Scrive la wine writer: “Labeled under the Trentodoc appellation, these bottle-fermented sparklers (known as metodo classico) are made predominantly with Chardonnay and Pinot Nero”. E nossignori, Trentodoc non è un’appellation, non è una denominazione di origine! La doc è Trento, non Trentodoc!
Ma – udite udite! – il finale dell’articolo è clamorosamente indicatore della grande confusione, di dimensioni ormai mondiali dunque, che regna nel mondo delle bollicine trentine e della loro doc obnubilata dalla marca.
Cito testualmente Kerin O’Keefe, e poi traduco.
Il testo: “Perhaps the only disadvantage Trentodoc faces is some confusion over its name. Created in 2007, most non-Italian speakers don’t realize the ‘doc’ is actually part of its name, and not simply the abbreviation for Denominazione di Origine Controllata, one of Italy’s controlled designations. While I’d love to see the name shortened to simply Trento, it’s the wine behind the label that counts”.
Traduco per chi non mastica l’inglese: “Forse l’unico svantaggio che deve affrontare il Trentodoc è qualche confusione sul suo nome. Creato nel 2007, la maggior parte di coloro che non parlano italiano non capisce che il ‘doc’ è effettivamente parte del nome, e non semplicemente l’abbreviazione di denominazione di origine controllata, una delle designazioni controllate italiana. Nel mentre mi piacerebbe vedere il nome abbreviato semplicemente in Trento, è il vino che sta dietro all’etichetta che conta”.
E qui il pasticcio è – clamorosamente – compiuto. Anche un’espertissima di vino italiana come Kerin O’Keefe arriva a scrivere – sbagliando – che la denominazione di origine è Trentodoc, e che quel doc appiccicato a Trento fa parte della denominazione, aggiungendo che le piacerebbe che la denominazione venisse semplicemente accorciata in Trento. Accidenti, ma invece è proprio Trento la denominazione di origine, il nome giusto è quello corto!
Ecco, credo non ci sia bisogno di altre prove. La scelta di spingere su un marchio commerciale invece che sul nome “vero” della denominazione di origine ha generato un disorientamento di dimensioni planetarie. Ed a certificarlo è un articolo di Wine Enthusiast, una delle maggiori testate di settore al mondo, con un pezzo firmato da una delle wine writer più esperte di cose del vino italiano. Serve altro?


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  1. LA TRAPPOLA DEL TRENTODOC #NONSISACOSASIA - TRENTINO WINE BLOG

    […] e collega Angelo Peretti sul suo sempre aggiornatissimo InternetGourmet. Sotto il titolo Trento e Trentodoc, confusione mondiale, il collega veneto toglie letteralmente la pelle agli ideatori e agli ostinati perpetuatori di […]

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