Torno a parlare di un Cerasuolo d’Abruzzo esemplare

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Avevo già recensito questo vino abruzzese poco più di un anno fa, era aprile del 2020. Ho aperto la seconda bottiglia in mio possesso a giugno di quest’anno e, cosa che non faccio quasi mai, aggiorno i miei commenti. (Ah, per inciso, bottiglia con tappo a vite, meditate produttori, meditate.)

Ho più volte espresso la mia noia per i rosati anemici e modaioli, figli di vinificazioni altamente tecniche e che ricordano più un sauvignon che un’uva rossa. Qui siamo non dico agli antipodi, ma comunque molto lontani. Mi colpisce la frutta del montepulciano, intatta e arricchita da cenni speziati derivati da un ulteriore breve affinamento in bottiglia. Ad impressionare è però il palato, ricco di energia e perfetto nel riproporre la medesima frutta ravvivata da una sana acidità e da tannini leggeri ma evidenti. La freschezza è quasi violenta ed è solo grazie all’arrivo del frutto che il tutto si sostiene. Leggerezza e maturità, senza nessuna ossidazione o deriva decadente che pure illuminano alcuni grandi rosé francesi ad esempio.

La trovo una via interessante per i vini rosa del centro e sud Italia. Un vino moderno ma che non rinuncia alle sue radici e nemmeno alla tradizione, nel senso più autentico del termine. Mi piacerebbe trovarne di più di rosati con questo carattere e mi piacerebbe anche provarlo dopo dieci anni di bottiglia. Sono sicuro che sarebbe una grande sorpresa, o meglio una grande conferma.

Cerasuolo d’Abruzzo 2018 Donato di Tommaso
(93/100)

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