Il territorio del vino deve essere bello

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“Stiamo vendendo sempre più territorio”. Lo dice, convinto, Riccardo Ricci Curbastro, che fa il produttore di vino in Franciacorta, ma che è anche il presidente di Federdoc, che è la federazione dei consorzi di tutela italiani. Ergo, il suo è uno dei pareri più autorevoli dell’Italia del vino.
Quando sostiene che si vende sempre più territorio, aggiunge che “il territorio deve essere bello, e la bellezza che la gente cerca è qualche certezza in più. Dunque, migliaia di ettari a strisce verdi e gialle non possiamo proprio più permettercele”.
Be’, che sia il lider maximo delle denominazioni italiane a dire forte e chiaro che il diserbo non è più accettabile credo sia qualcosa di significativo. Vuol dire, potenzialmente, una presa di coscienza ad ampio raggio sulla necessità di una viticoltura più sostenibile. Che comincia, appunto, dall’abbandono della pratica chimica del diserbo.
“Noi vendiamo vino. Vuol dire che non vendiamo un prodotto strettamente necessario alla vita umana. Dobbiamo dunque dare un piacere in più a chi beve vino. Oggi il piacere è il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità agricola. Può essere questo il valore in più del vino italiano”. Questo sottolinea Riccardo Ricci Curbastro.
Spiega poi che per il vino italiano “la prima sfida vinta è stata quella della certificazione. È stata messa a dure prova, ma ha tenuto. Adesso dobbiamo andare oltre. L’origine del vino adesso è chiara, ma allora dobbiamo andare a vedere il luogo d’origine, come viene trattato”.
Ora, per dare le gambe a queste idee, Riccardo Ricci Curbastro è tra coloro che hanno dato vita al progetto Equalitas (ne è presidente), che mira a certificare la sostenibilità socio-ambientale dei territori, delle aziende e dei vini. Puntando a mettere in luce una sorta di protocollo di “buone pratiche” di lavorazione in campagna (dalla gestione del suolo a quella della pianta, delle biodiversità, della difesa) a quelle di cantina, fino alle altre “buone pratiche” economiche (anche verso i dipendenti e i fornitori), sociali (dai diritti dei lavoratori alla formazione del personale fino alle relazioni con il territorio) e di comunicazione (con la redazione di un vero e proprio bilancio della sostenibilità). “È una somma di azioni virtuose” osserva Riccardo.
Io dico che il progetto è certamente ambizioso, ma è un altro passo avanti nella presa di coscienza che il vino non è solo il liquido che sta dentro alla bottiglia. Anzi, il valore del vino è soprattutto fuori dalla bottiglia. I francesi lo chiamano terroir.


1 comment

  1. Andrea Gabbrielli

    Bisogna lavorarci un po’ ma si può e si deve fare

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