Com’è quella cosa che diceva mister Trapattoni? Ah, sì, “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Che significa che prima di cantar vittoria occorre averla raggiunta, la vittoria. Dunque è impossibile dire oggi che il Vinitaly 2018 sarà un successo. I conti si fanno alla fine, ovvio, e bisognerà soprattutto sentire l’umore delle cantine che pagano fior di quattrini per essere in fiera a Verona. Però a dicembre tutti i posti disponibili erano già esauriti, e dunque come la mettiamo con quelli che ogni anno dicono che il Vinitaly non può reggere? Tutti masochisti i produttori di vino a tirar fuori soldi per una fiera che i detrattori vorrebbero in agonia? Mah.
Non è finita. Mi è piaciuta la dichiarazione che ha rilasciato qualche giorno fa il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, al quotidiano di Verona, L’Arena. “Siamo stati una delle poche fiere – ha detto – ad annunciare l’intenzione di diminuire i visitatori di una rassegna. Mi riferisco a quelli generici, per aumentare al contempo, invece, le presenze internazionali e dei professionisti”.
Ecco, io credo che questa sia la strada giusta. Lasciar fuori sempre di più i curiosi, che non dovrebbero esserci in una fiera che si dichiara per professionisti, e rendere il Vinitaly sempre più un momento di business. Come il concorrente tedesco, il ProWein. Con gradualità, con giudizio, certo. Facendo crescere ancora e continuamente i “fuori salone” per i wine lover. Perché il Vinitaly sia, insieme, ma in sedi diverse, un’occasione d’affari e un’occasione di festa.
ruggero
perfetto !