Signore e signori, the Queen of Timorasso

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Se aprite il sito internet dell’azienda agricola La Colombera, che fa vino sui Colli Tortonesi, in alto vedete campeggiare bella grande la dicitura “The Queen of Timorasso” e poi sotto, appena più piccolo, “Elisa Semino, viticoltore”, giusto per mettere in chiaro le cose senza tanti giri di parole. Solo dopo c’è scritto, nel testo, che “Elisa Semino conduce la Colombera insieme al padre e al fratello”, ma se si trattasse di un gruppo musicale sarebbe evidente che la band leader è lei. Ora, della leader Elisa ha tutte le caratteristiche, tra cui un’empatia naturale e spontanea e una dialettica prorompente e sincera, con cui travolge l’interlocutore con un fiume di parole, che però non sono mai buttate lì a caso, giusto per fare marketing, ma contengono invece idee e progetti.

Ho avuto modo di ascoltarla in uno di quei cosiddetti webinar che si usano oggi, in tempo di pandemia, per parlare di vino e di altri affari, in assenza di incontri personali. Mi interessava soprattutto sentire la sua opinione proprio riguardo al timorasso e al vino che se ne fa, che in un paio di decenni sono passati entrambi, vitigno e vino, dall’oblio ai riflettori della critica enologica, e a quanto pare anche dei bevitori, e lei, che di quel vitigno e di quel vino si autoproclama regina, ha esordito così, dritto per dritto: “Grazie a Walter Massa, che è il papà del Timorasso”, il che è vero, perché senza di lui molto probabilmente quell’uva e quel vino non sarebbero rinati. La rivoluzione del timorasso prese avvio verso la fine degli anni Novanta. “Si parlava solo di rossi – dice – e il Timorasso era bianco, e non un bianco qualsiasi. La partita non era facile”. Però c’era da ripiantare vigna, visto che la flavescenza dorata se n’era portata via un bel po’, e dunque ci si fece coraggio e si piantò timorasso. Poi, tra il 2000 e il 2005, si è cominciato a studiare le vigne una per una e nel 2006 in azienda si è perfino passati a selezionare un cru, che è Il Montino. Il coraggio e la perseveranza premiano, ci sarebbe da dire.

Com’è il Timorasso secondo Elisa Semino? Ecco qui: “Un bianco plastico da invecchiamento che incomincia a farsi notare dopo che fa due anni in bottiglia. È un bianco da terziari”, il che significa che dà il meglio di sé quando inizia a mineraleggiare e a tirar fuori un profumo mieloso. “Ma non è solo miele e mineralità – aggiunge lei -, ma è anche tondo”. Insomma, ha corpo, struttura, pienezza. Infatti, giocando sul filo del paradosso, personalmente direi che il bianco che si fa qui, e soprattutto proprio Il Montino, mi pare che abbia quasi un’indole “da rosso”, anche tattilmente, con quella sua ruvidezza contadina e quell’impatto che vorrei definire gessoso.”Ha una bella corposità – rimarca lei -, ma è sempre fine e elegante, perché ha l’acidità che ribilancia il tutto”. Anzi, secondo Elisa “la marca del territorio” risiede proprio “nel lato sapido e nell’acidità”, e in effetti è questo il carattere che trovo più avvincente in questi vini. Infatti, dal mio punto di vista credo che sia del tutto fuorviante andare in cerca del frutto nel Timorasso, perché questo genere di vino è soprattutto miele, mineralità e austera ruvidezza.

Colli Tortonesi Timorasso Il Montino 2018 La Colombera
(92/100)