Che sia ora di indicare gli zuccheri residui in etichetta?

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Non c’è niente di male nel fare vini con una quantità più o meno alta di zucchero residuo, però sarebbe il caso che fosse indicata in etichetta. Più o meno, è questo il concetto espresso da Robert Joseph in un articolo su Meininger’s Wine Business International: “Time to declare sweetness levels in wine“, è il titolo, “è ora di dichiarare i livelli di dolcezza del vino”.

A scanso di equivoci, Joseph scrive: “Capisco perfettamente che la dolcezza percepita di qualunque vino dipende dalla sua acidità”. Il problema, però, è che ci sono in giro dei vini che se non conosci lo stile del produttore li compri convinto che siano secchi e invece li puoi trovare stucchevoli. Perché mai chi quella dolcezza non la gradisce dovrebbe essere costretto a sbatterci contro i denti?

E questo della percezione della dolcezza è il primo degli argomenti che invitano alla dichiarazione degli zuccheri residui in etichetta. Ma c’è anche chi, in giro per il mondo, incomincia a sostenere che quest’informazione sia necessaria per motivi salutistici. Perché lo zucchero è zucchero e assumerne troppo non va bene, e dunque bisogna fare attenzione anche allo zucchero che c’è nel vino.

La soluzione, nell’un caso e nell’altro, sarebbe semplice, a sentire i fautori della trasparenza: indicare gli zuccheri residui in etichetta, appunto. Ma è francamente difficile pensare che il mondo del vino provveda d’iniziativa. Dunque c’è chi invoca una legge in questo senso. Succederà?


2 comments

  1. Roberto Sannipoli

    Sono d’accordo,sarebbe ora d’indicare anche il tipo di tappo usato,dando la possibilità di acquistare in tranquillità vini che non siano poi da buttare.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Concordo: ne scrissi qualche tempo fa. Grazie.

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