Sia gloria al vino gastronomico

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Dice: “Sarebbe ora di parlare di più di vino gastronomico”. Perbacco, ha ragione. Sarebbe – dico io – ora di tornare a mettere il vino dove deve stare, e il posto dove deve stare è la tavola, e dunque il vino dovrebbe essere fatto pensando alla tavola. Ma prima di andare avanti devo precisare chi è che dice la frase che ho virgolettato in apertura. Ebbene, l’autore è Claudia Donegaglia, “enologo non pentito” – lo dice lei di se stessa sul suo account Twitter – di una cantina sociale faentina. E la frase viene da un tweet in replica a un mio post di qualche settimana fa.
Insomma, sì, io penso che il vino migliore sia quello gastronomico, quello che sta bene con il cibo, che è fatto per il cibo, che chiama a gran voce il cibo. Dunque, un vino che difficilmente può essere muscolare e polputo e tannicissimo e “tanto”, ché sennò col cibo ci fa a pugni. Oh, mica dev’essere un vino da poco! Dev’essere un vino “buono”, ma che abbia la finezza – qualcuno direbbe l’eleganza – come prerogativa. La finezza aiuta un vino a stare col cibo, gli eccessi non l’aiutano per niente, anzi. Personalmente ritengo che la finezza – e, sì, l’eleganza – si possano trovare a ogni fascia di prezzo, da tre euro a mille euro. Non è questione di quattrini.
Quando organizzo le mie degustazioni – per me e per i miei amici, mica robe ufficiali – il vino lo assaggio in due maniere: prima senza cibo e poi col cibo. Ebbene, non è così raro che un vino che sembra eccellente quando è assaggiato da solo finisca poi per perdere un po’ i colpi rispetto ad altri vini quando si tratta di combinarlo col cibo. E non si tiri fuori l’obiezione che “dipende dal cibo”: le mie degustazioni prevedono turni di sei vini tutti della stessa tipologia, serviti con lo stesso piatto.
Sia gloria al vino gastronomico.


1 comment

  1. umberto

    Condivido quanto hai scritto.

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