Seguiamo l’esempio degli Uffizi, liberiamo il vino!

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Ho avuto la fortuna (sì, la fortuna) di conoscere personalmente Eike Schmidt, direttore del museo fiorentino degli Uffizi, all’apertura un’esposizione temporanea che venne allestita qualche anno fa a Lampedusa per sottolineare il tema della fratellanza fra i popoli del Mediterraneo. Gli Uffizi avevano prestato il bellissimo “amorino dormiente” del Caravaggio. Schmidt mi colpì non solo per la straordinaria cultura, ma anche per l’estrema disponibilità e per la gioia che gli traspariva facendo da guida alla visita degli alunni delle scuole. Lui, il direttore degli Uffizi, che faceva da guida ai ragazzini, usando una semplicità di linguaggio da lasciare a bocc’aperta.

Credo sia facile capire come non mi abbia stupito per niente il fatto che abbia invitato Chiara Ferragni agli Uffizi, rompendo vecchi schemi ingessati delle modalità di fruizione dei nostri beni culturali. Un’iniziativa, questa, che ha destato ogni genere di reazione, col risultato di un affollamento delle visiste sia al sito internet del museo, sia al museo stesso. Visite di giovani attratti da un luogo della cultura e dell’arte, finalmente.

Ora ho letto l’intervista che Marco Gasperetti ha fatto a Schmidt per il Corriere della Sera e c’è un passaggio che voglio riportare perché credo sia bene rifletterci sopra. Chiede Gasperetti: “E a chi si scandalizza e parla di mercificazione che cosa risponde?” Ed ecco quel che dice il direttore degli Uffizi: “Dico che ho iniziato una crociata contro i soloni che vogliono calcificare i musei, riservarli a una stretta élite, creare un abisso tra loro, i veri sapienti, e gli altri. Negli Usa molti musei non sono riusciti più a parlare con le nuove generazioni e hanno chiuso o sono stati venduti all’asta. La vera banalizzazione è quella di creare una torre d’avorio. I miei Uffizi sono il museo più bello del mondo ma non saranno mai un santuario”.

Sostituite la parola “musei” con la parola “vino” e avete capito dove voglio arrivare. Perché, sì, anche il vino è stata “calcificato” da molti soloni, e sarebbe ora di cambiare linguaggio, perché del vino pian piano si è data l’idea di qualcosa di riservato a una stretta élite, e la gente è scappata via dal vino. La vera banalizzazione del vino è quella di chiuderlo in una torre d’avorio. Ma il vino è troppo bello perché possa essere considerato una reliquia da venerare nelle cantine-santuario.


2 comments

  1. Alessandro Fanti

    Nel mio piccolo ho sempre intimamente appoggiato questa posizione. Il vino nasce dalla terra e, quindi, deve essere vicino all’uomo.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie, Alessandro.

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