Se la Lombardia dimentica il rosato

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Ecco, notizie come queste sono di quelle che mi gettano nello sconforto. Sconforto relativo, ovvio. Sconforto riferito al vino e alla sua cultura. Al punto che spero che la notizia, così com’è stata data e così come l’ho letta, sia sconfortante solo perché si è mirato ad una probabilmente eccessiva semplificazione. Però mi ha un po’ sconfortato, appunto, leggere che una ricerca condotta sui visitatori d’un padiglione, quello lombardo, nel corso dell’ultimo Vinitaly avrebbe finito (preferisco usare il condizionale) per tradursi nell’individuazione arcaica e superata dei profili dei bevitori di vino rosso e di vino bianco. Mi sconforta, la cosa, perché sembra un passo indietro, un ritorno alla ghettizzazione del vino rosato, che non compare, che non ha dignità, che non ha ruolo.
L’indagine, sulla quale mi riservo un approfondimento qualora riesca a venirne in possesso, è quella condotta tra i wine lover in visita al Padiglione Lombardia al Vinitaly di Verona dall’Osservatorio sui Consumi delle Famiglie del Dipartimento TeSis dell’Università di Verona per il Movimento Turismo del Vino Lombardia. Non ho la ricerca, ripeto, per cui mi debbo affidare a quel che se ne è scritto.
“Bianco o rosso? La scelta tra un vino o l’altro non è solo una questione di gusto: può svelare anche le vere intenzioni di chi lo offre, perché se il rosso coinvolge la sfera emozionale, si beve nei momenti più intimi ed è più legato alla seduzione, il bianco è invece più correlato all’aspetto sociale e conviviale e si lega all’allegria, alla spensieratezza, alla semplicità e alla leggerezza di spirito”: è questa la sintesi con cui ad esempio WineNews apre il proprio articolo dedicato alla ricerca.
“Bianco e rosso, per la cena? Fate attenzione, la scelta può svelare le vostre vere intenzioni!” è invece l’apertura di Agricultura.it.
Ora, la ricerca ha visto come protagonista il Movimento Turismo del Vino della Lombardia, e la delegazione lombarda del Movimento dovrebbe sapere bene che tra le ricchezze del vino della regione c’è anche il rosato. Il Chiaretto della Valtènesi, ma anche le bolle rosa che si fanno in Franciacorta e nell’Oltrepò. Possibile che in una regione che ha una sua spiccata e anche storica vocazionalità rosatista ci si soffermi ancora sul sorpassato dualismo rosso-bianco?
Niente rosato? Eppure lì, nel Padiglione Lombardia, al Palaexpo di Veronafiere, i rosati lombardi c’erano eccome. Li vogliamo ancora considerare dei mezzosangue che non sono degni di attenzione? Hmm, sono sconfortato se la Lombardia dimentica il rosato.