Saudade

Lisbona

Ecco settembre, un mese che mi piace perché mi dà il senso di un tempo sospeso, fra i ricordi di un’estate luminosa e bollente e il mutare dell’aria, del colore del cielo, della forza del sole, in giornate sempre più brevi.

Sarà per questo che lo chiamo mese della nostalgia. Non so bene di che: forse momenti, e luoghi, e affetti mescolati in un flusso silenzioso.

Poeti e scrittori portoghesi l’hanno descritta molto bene, con una parola efficace e difficilmente traducibile: saudade.

Nella mia ultima estate luminosa ho visto Lisbona per la prima volta.

Sembra che lì, mentre si è avvolti quasi costantemente da un vento carezzevole e salato, tutti i viaggi debbano finire e non ci siano altre terre, oltre l’estuario del Tago e il suo aprirsi sull’Atlantico.

Ti ubriachi di luce, laggiù, ch’è straordinaria: dall’alto dei Miradores, alla Tor de Belem, quasi sospesa sull’acqua e  persino tra le ripide strade dell’Alfama, sul mitico tram 28.

Entrare al Café  A Brasileira, tra i legni scuri e i vecchi specchi è come firmare una sorta di tregua alla luce, che  a Lisbona sembra infinita.

Ci bevi un Porto, naturalmente – ti servono un tawny, per tradizione –  e pensi che Fernando Pessoa potrebbe entrare da un momento all’altro e spiegarti così la saudade: “Amo tutto quello che è andato, tutto questo non è più… e oggi è un altro giorno” (Poesias Inéditas 1931)

Mi verso un bicchiere di Porto,  stasera, ma è  Kopke 20 Years Old

Trovo che non ci sia vino migliore per accompagnare la nostalgia, con quel sorso lieve e tenace che addolcisce la mia sera.