Santa Margherita e quei sessant’anni ben portati

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Ogni giorno, sono svariate migliaia le bottiglie di Pinot Grigio Santa Margherita stappate nel mondo. Lo afferma il comunicato stampa celebrativo del sessantesimo anniversario di questo vino che ha spopolato e tuttora spopola un po’ ovunque, qui in Italia e soprattutto all’estero. Il debutto avvenne infatti nel 1961. Siccome di anni sulle spalle ne ho qualche po’, me li ricordo piuttosto bene i tempi in cui negli alberghi e nei ristoranti la scelta dei vini bianchi giostrava tra il Pinot Grigio Santa Margherita, il Soave Bolla o il Verdicchio Fazi Battaglia. Poi le carte dei vini si sono infittite e un moltissime nuove realtà si sono affacciate su un mercato che è cambiato parecchio. Il marchio Bolla oggi è del Gruppo Italiano Vini, Fazi Battaglia è nell’orbita dei Bertani Domains (di proprietà degli Angelini), mentre Santa Margherita è sempre della famiglia Marzotto, che anzi ha messo insieme un gruppo comprendente dieci tenute in giro per l’Italia.

Qualche giorno fa, una delle migliaia di bottiglie del Pinot Grigio Santa Margherita stappate giornalmente è stata la mia. Sono andato a cercarla nel supermercato da cui mi servo abitualmente, l’Iper Orvea di Affi, incuriosito dal comunicato stampa che avevo ricevuto tempo prima (verso metà febbraio). Sugli scaffali ho trovato l’annata 2019 a 6,50 euro, perché era in corso una promozione con un ribasso di un euro sul prezzo abituale. Il vino l’ho ritrovato come lo ricordavo e come me lo aspettavo. Quasi che la lancetta del tempo si sia fermata. Dunque, colore giallo paglierino pallido con riflessi verdolini, esattamente come c’è scritto su certi manuali dei corsi da sommelier e come andava di moda prima dei bianchi figli delle macerazioni e delle lunghe estrazioni, profumi floreali a ingentilire la mela, che è una caratteristica della varietà quand’è coltivata in terra atesina (la doc sotto la quale esce il vino è quella della Valdadige), beva per nulla impegnativa e anzi abbastanza dissetante. Sì, dissetante è probabilmente la parola giusta, come ha scritto su Instagram il rapper canadese Drake: “Santa Margherita the real thirst quencher”.

Insomma, come volevasi dimostrare: questo vino bianco è una specie di classico internazionale nel suo genere e credo che sia l’impronta rassicurante che si porta dietro a fargli da apripista. Ora, che piaccia o meno questo stile di vino non è rilevante. Quel che conta è ammettere che la capacità di restare sulla cresta dell’onda per sessant’anni, continuando ancora oggi a vendere milioni di botiglie di Pinot Grigio ogni anno, non è da tutti, per cui mi levo il cappello di fronte all’intuizione che ebbe il conte Gateano Marzotto e alla capacità tecnica del team di Santa Margherita. Questa è imprenditorialità. Credo anzi che se tanti viticoltori e produttori italiani hanno raggranellato negli anni scorsi dei bei soldini grazie alle uve del pinot grigio e al vino che ne trae, una certa riconoscenza ai Marzotto la debbano e il Pinot Grigio è un altro caso di quella distrettualizzazione produttiva che ha caratterizzato il Nord Est in molti settori economici. Vino incluso. (Il Prosecco è un altro caso tipico, eclatante al pari e forse anche di più.)

Valdadige Pinot Grigio 2019 Santa Margherita
(80/100)

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