Sandro Gini e il passato e il futuro del Soave

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Era la prima volta che scambiavo due parole con Sandro Gini dopo la sua elezione a presidente del Consorzio di tutela del Soave, avvenuta a maggio. L’ho incontrato al Soave Versus, a Verona. Che Sandro sia uno dei vignaioli di punta del mondo soavese (e veronese e italiano) è cosa nota. Ritengo gli vada ascritto appieno il merito, in condivisione con Nino Pieropan, d’aver dato, negli anni Ottanta, una nuova prospettiva alla denominazione soavese, allora dominata nel commercio nazionale ed estero dal colore “bianco carta”. Il fatto che sia lui a guidare, ora, l’istituzione consortile spero possa preludere a un secondo rinascimento del Soave, quello che a mio avviso dovrà portare ad esaltare le differenze come valori di un territorio.

“Io la vecchia realtà l’ho vista” mi ha detto. “Ho visto i carretti tirati dai cavalli, ho visto dove c’erano le vigne e dove no, non mi servono le fotografie per saperlo. Allora valeva l’esperienza e in campagna doveva essere tutto in equilibrio, per cui dovevi avere la vigna ma anche il seminativo, perché al cavallo dovevi pur dargli da mangiare”.

Però il Soave intorno alle metà degli anni Ottanta non andava più. Così Sandro cercò una via nuova. Nacque La Froscà, Soave da lungo affinamento. Era il 1985. “Andavo a incontrare i ristoratori importanti – ricorda Gini – e mi dicevano di togliere il nome Soave e di lasciare solo La Froscà. Ho detto di no, ho detto loro che dovevano conoscere il Soave vero”.

Il Soave “vero” cui si riferiva Sandro era quello conosciuto dagli osti di una volta, quelli che giravano le campagne e si accaparravano i fusti migliori e poi li lasciavano là in cantina almeno per due anni prima di andare a prenderserli. “Non lo prendevano fresco, avevano capito tutto. È dopo che si è persa quella conoscenza” dice Sandro. Credo sia questo che intende quando afferma che il suo obiettivo da capo consortile è quello di “portare il Soave all’antico splendore”. “Voglio che tutto quello che esce come Soave sia di altissimo livello. Abbiamo le potenzialità, perché mai non dovremmo fare un passo in avanti?” dice.

Obiettivo importante, sfidante. Ho preso buona nota. “Vabbé, adesso basta discorsi, adesso andiamo ad assaggiare i tuoi vini” gli ho detto.

Soave Classico 2017 Gini
Classico in tutto e per tutto. La mela croccante, la traccia floreale, il sale. Giovanissimo. Secondo Sandro “è sui tre anni che comincia a farsi adulto”. (88/100)

Soave Classico La Froscà 2015 Gini
Eccolo qui, un vino simbolo, un Soave di quelli che chiedono l’attesa, che sa sfidare il tempo con disinvoltura. Finissimo e asciutto. Ha tensione e indole minerale. (92/100)

Soave Classico Contrada Salvarenza Vecchie Vigne 2015 Gini
E qui il Soave assume densità di frutto. Altro vino da attendere con la giusta pazienza, ancora in definizione per la sua giovinezza. Ha vene officinali, ha florealità. (88/100)


1 comment

  1. Paolo Menapace

    Sandro Gini l’uomo giusto al posto giusto, speriamo che il Soave ritorni come giusto sia: Il Vino Bianco Italiano per eccellenza.

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