Salviamo le vigne vecchie dalle cesoie della legge

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“Abbiamo il problema dei vecchi vigneti che contengono vecchissimi ceppi di vitigni non ammessi dai disciplinari”. Me lo ha ricordato Bruna Ferro, dell’azienda agricola Carussin. Ha ragione, questo è un problema, perché, stanti le normative in vigore, se gli agenti delle società di certificazione delle denominazioni di origine beccano qualche vecchio ceppo “fuori disciplinare” ti tocca uscire dalla doc con tutto il vigneto, oppure estirpare le pianta “fuorilegge”, che magari ha sulle spalle cinquanta o più anni di vita.

Il fatto è che nelle vigne di una volta i rimpiazzi di quel che moriva venivano fatti con quel che c’era a disposizione in quel dato momento, e dunque è possibile che in un vigneto che ha vari decenni sulle spalle le piante e le carte non coincidano del tutto. Che insomma ci siano magari una o due vigne che fanno uva bianca in un vigneto dedicato a una doc rossa o una manciata di esemplari di una varietà che, pur coerente per via del colore dell’uva, non è prevista dal disciplinare. A volte sono relitti di cultivar quasi estinte, di cui si fatica a ricordare perfino il nome. Niente, la legge le condanna, inesorabilmente.

Invece occorre una deroga. Subito. Non possiamo pretendere che chi vigila non faccia il proprio dovere e “chiuda un occhio”, all’italiana, e dunque va modificata la norma che sono chiamati ad applicare.

Occorre insomma che, nel nome della tutela della biodiversità, di cui tanto ci si riempie la bocca, salvo poi cassarla nei fatti dalla normativa, si consenta a chi ha vecchi ceppi di vigne “fuori norma” di continuare a coltivarle e ad adoperarne i frutti, anche in deroga ai disciplinari. Sono gocce di vino, quel che ne esce. Niente che possa “inquinare” una doc. Non devono essere viste, quelle vecchie viti, come un problema, bensì come un monumento delle viticoltura. Come tali sono da tutelare, non da estirpare.

A onor di cronaca, annoto che della faccenda si è occupata grosso modo un anno fa la Fivi. Serve tuttavia velocizzare un intervento, a fronte del (giusto) crescere degli accertamenti in vigna. È necessario agire prima che si disperda un patrimonio non più riproducibile. Quello sì, sarebbe una danno gravissimo, altro che qualche chilo di uva “non conforme” dentro alle vasche di una doc.