Se sa di tappo la colpa è del produttore

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Ho letto su una rivista un titolo che diceva così: “Se sa di tappo la colpa non è del produttore”. Io la penso esattamente all’opposto, e cioè sono convinto che se il vino sa di tappo, la colpa è proprio del produttore. Senza mezzi termini.
Ovvio che il tappo non l’ha fabbricato il vignaiolo, e che quel particolare tappo non ha inquinato il vino per volontà del cantiniere. Però io non compro un vino. Io compro una bottiglia di vino. La differenza è sensibile, perché compro il contenuto e anche il contenitore, insieme. E a mettere sul mercato contenuto e contenitore è una cantina. La responsabilità è dunque tutta della cantina.
Perché sono così drastico? La spiegazione è semplice: la scelta di usare quel tipo di chiusura l’ha fatta il produttore. Ha scelto, si è assunto il rischio della scelta, non è giusto (non sarebbe giusto: come cavolo fai a farti cambiare la bottiglia se stai a chilometri e chilometri di distanza?) che a rimetterci per quella sua scelta sia solo il cliente. Oggi sono disponibili sul mercato infinite tipologie di chiusure alternative al sughero. Poteva scegliere una di queste e non ci sarebbe stato alcun inquinamento del vino con lo sgradevolissimo sentore di tappo. Ha scelto il sughero? Allora se il vino sa di tappo, la colpa è tutta del produttore.
Mi dispiace, ma non possono proprio reggere certe lagne buoniste che vorrebbero immune da responsabilità il vignaiolo, sostenendo che per colpa del tappo viene svilito anche il suo lavoro. Il “suo” lavoro è anche darmi il “suo” vino confezionato in maniera tale da non dover finire nel lavandino, e oggi la possibilità di fornire questa garanzia c’è, grazie alle chiusure alternative disponibili sul mercato. Che scelga una chiusura diversa dal sughero, e non ci sarà più bisogno di cercare scuse.

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7 comments

  1. David Navacchia

    La colpa non credo sia “solo” del produttore. Spesso il produttore no utilizza chiusure alternative perchè probabilmente presuppongono una dotazione tecnologica che lui non può implementare nella sua azienda, per motivi tecnici o di costo. Se il produttore utilizza un tappo adeguato (di buona qualità, non di seconda o terza scelta) e mette in pratica tutto il possibile per evitare problemi in pst venduta (controllo a campione dei tappi al momento della fornitura, corretta conservazione, etc) penso che possa avere la coscienza tranquilla.
    In fondo, se lei rovina il motore della sua auto per colpa di un pieno di benzina difettosa, se la prende con il benzinaio oppure è colpa sua perché avrebbe potuto utilizzare una fonte di energia alternativa, tipo un’auto elettrica?

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Mi scusi, ma il paragone non regge. Io dal distributore di carburante non compro una bottiglia di benzina, compro la benzina, sfusa. Da lei io compro una bottiglia di vino, non solo il vino. Compro dunque un prodotto già confezionato, che include anche la confezione. Perché l’onere dei rischi legati alla confezione me lo devo accollare io, consumatore, quando lei mi può dare una confezione più sicura? Poi, mi scusi di nuovo, ma la questione dell’indisponibilità della dotazione tecnologica non mi pare regga: ci sono in giro per l’Italia ottime aziende che forniscono servizi di imbottigliamento in loco, e la stragrande maggioranza dei piccoli produttori utilizza tali servizi, e dunque una volta che chiami il camion con l’imbottigliatrice, tanto vale usare quello dotato dell’imbottigliatrice in bottiglie a vite.

  3. Marco Battistella

    Si, ma sa perchè è colpa del produttore il più delle volte? Perchè non ha l’accortezza di spendere due soldi in più per un tappo in sughero di qualità.

    Dalla risposta si può capire che sono assolutamente contro la chiusura a vite; per me lo stelvin (o meglio screwcap) è la morte della tradizione e parte della bottiglia di vino in se e per se.
    Spiego: molti produttori oggi si lamentano di prezzi bassissimi con cui sono venduti i vini sugli scaffali, domandandosi come certe aziende possano permettersi tale spesa. Ci sono produttori che si lamentano di questo fatto perchè alla continua ricerca della qualità, dell’estrama bontà, cercando di mantenere sempra la vena naturale nel quale scorre la linfa pompata dalle barbatelle fino al bicchiere.

    Trovo poi i produttori “furboni”. Quelli che si lamentano, che “vogliono il terroir”, il prodotto elegante nel quale si sente la terra (luogo di produzione). Il problema è che spesso si lamentano cercando di portare acqua solo al loro mulino (portafogli), decidendo loro stessi cosa è terroir e cosa invece è sbagliato.
    In questo caso parlo di chi si vanta del legame con il terrotorio per poi offririmi un vino con lo stelvin. Non è vero che “tu produttore” lo fai per un problema di “odore di tappo”, ma lo fai SOPRATTUTTO per una questione di soldi, di risparmio! Quello che mi infastidisce è che continuano a mascherare il cambio del tappo giustificando questa tendenza con “il sughero sa da tappo, lo stelvin no, lo stelvin è il futuro!”. Bazzecole ben raccontate da bravi markettari che intortano.

    Chi è invece più accorto avrà notato che oggi la tecnologia sul sughero ha fatto passi da gigante (qui articolo del sole24ore http://food24.ilsole24ore.com/2016/05/mai-piu-bottiglie-che-sanno-di-tappo-arriva-il-sughero-certificato-anti-tca/?refresh_ce=1) e naturalmente la tecnologia si paga! E chi non la vuole pagare bistratta il sughero promuovendo chiusure che arrivano da mondi in cui la moda la fa da padrona, senza imparare invece da cugini ben più esperti sull’arte del vendere (e delle chisure).
    Basta andare a vedere (o chiedere) i prezzi per i sugheri tra il Veneto e Piemonte. In una regione si è disposti a pagare molto di più, mentre nell’altra è sempre una guerra al ribasso, facendo spallucce alla qualità.

    Attenzione, non sto facendo di tutta l’erba un fascio, e sopratutto non sto dicendo che nel Veneto ci sono tappi migliori che in Piemonte in maniera assoluta, ma riporto esperienze lavorative.

    Quindi vorrei che i consumatori si informassero prima di farsi abbidolare prima da un approccio naturale al vino e poi da cambi di bandiera dove comoda.
    Scusate per lo sfogo, ma ho letto veramente di tutto su questo argomento ultimamente.

  4. signorb

    Sono pienamente d’accordo. Penso però che il problema non sia tanto tecnico ma piuttosto culturale. Non so, mi sembra piu’ facile dire ad un produttore di Friulano “ma metti il tuo bianco in un tappo a vite Stelvin” che dirlo ad un produttore di Rosso di Montalcino. Sebbene si tratti di vini spesso dello stessa fascia di prezzo e della medesima longevità. Insomma per alcuni produttori il percoro sarà piu’ arduo.. ma nel mio piccolo io se il vino e buono lo comprero’!

  5. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Capisco lo sfogo, ma non condivido. Sono stato di recente da uno straordinario produttore francese che spende un’iradiddio per i suoi tappi in sughero. Gli ho chiesto se riscontrasse problemi, mi ha detto che negli ultimi anni non ha trovato problemi. Però appena versato il vino dalla bottiglia appena aperta è sbiancato: c’era un’evidente deviazione organolettica (non da tca) e se n’è immediatamente accorto. Ha aperto una seconda bottiglia e il vino era di un altro pianeta. Ergo, neppure l’attenzione estrema alla qualità del sughero è una garanzia.

  6. Marco Battistella

    Quell’esempio che lei porta non per forza ha a che vedere con il sughero!
    Potrebbe essere un problema di contaminazione di bottiglia, di contaminazione batterica (una “colonia” di lieviti o batteri entrata per chissà quale motivo), così come una colonia batterica o di lieviti sulle valvole (forse prima bottiglia riempita).
    L’esempio che lei ha portato conferma che se si spende si trova sughero sano e senza problemi. Tra le altre cose, sempre in materia di spese e di investimenti “mentali”, l’odor di tappo dipende dal produttore in maniera diretta quando si parla di conservazione del tappo stesso pre imbottigliamento (bisogna vedere come procedono). I tappo vanno ben conservati e le superfici vanno sottoposte ad idonei trattamenti! sempre lo stoccaggio dei tappo dovrà essere fatto in locali ben areati e disinfettati, con bassa umidità e al riparo da sbalzi di temperatura, visto che il sughero va immaginato come una trappola per sostanze volatili, con possibilità di essere contaminato da prodotti maleodoranti presenti in questi ambienti (parlo di aromi come il guaiacolo, il metilisoborneolo e la GEOSMINA, con una soglia di 25 microgrammi/litro se non sbaglio e che porta tutte le note terrose del caso).

    Si da moltissima responsabilità al tappo, mentre magari vengono stoccate le bottiglie all’aperto; ecco io con questa gente non ci voglio avere niente a che fare, perchè mentono in maniera costruttiva per la loro azienda e per le loro tasche.

    Se posso consigliarla (sembro aggressivo dal tono forse, ma si fidi che non lo sono! sto cercando di riportare le mie esperienze lavorative e quello che ho studiato), legga l’articolo del sole e provi delle bottiglie con quei tappi certificati (se ne trova). Inoltre diffidi da chi elogia lo screwcap screditanto il sughero (solitamente quando si scredita per far valere un prodotto, il prodotto in questione non ha tutte queste qualità) e, sopratutto, diffidi (ATTENZIONE, NON PARLO DELLA QUALITà DEL VINO IN SE, ma di altro) da chi prende esempio di bottiglie chiuse con sugheri di 30 anni fa.

    Mi scuso ancora se il tono può sembrare aggressivo

  7. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Osservazioni interessanti. Tuttavia, non concordo sull’indulgenza plenaria concessa al sughero. Mi permetta, ma suona un po’ come quel che dicono certi politici, secondo i quali ogni colpa è tutta e solo dei loro predecessori. Le aberrazioni da tappo ci sono, e sono tangibili e frequenti e rendono eccessivamente variabili gli esiti delle singole bottiglie.

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