I rosé sono sempre più chiari e Bordeaux si adegua

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Anche a Bordeaux fanno il rosé. Fin qui, il rosé bordolese tendeva al color ciliegiolo o alla buccia di cipolla. Ora però ha dovuto o voluto assoggettarsi alle tendenze in atto, schiarendo la tonalità: del resto, il rosé francese che “tira” sul mercato è quello chiaro, d’impronta provenzale, e allora giù il colore

Per meglio riuscire nell’impresa di scolorire la tonalità dei rosé bordolesi, nell’estate dell’anno scorso, il 19 luglio del 2016, è uscito un decreto che – udite udite! – autorizza il taglio con mosto tratto da uve bianche oppure l’utilizzo di uve bianche direttamente nell’uvaggio – sauvignon blanc, sauvignon gris e sémillon – fino alla misura del 20 per cento (massimo 10 per cento di ciascuna singola varietà a bacca bianca), in aggiunta alle classiche rosse bordolesi (cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot, malbec, carmenère, petit verdot).

Avete letto bene: 20 per cento, che non è per niente poco, né dal punto di vista dell’effetto sulla colorazione, né sotto il profilo dell’incidenza aromatica, perbacco.

Secondo la nuova definizione di legge, i rosé di Bordeaux vanno dunque dal rosa pallido al rosa più sostenuto, a seconda delle tecniche utilizzate nella produzione (pressatura diretta, leggera macerazione o salasso) e dal lato aromatico sono fruttato o floreali, sostenuti da un una struttura equilibrata fra rotondità e vivacità.

Ora, io mi domando due cose.

La prima è perché in Francia si riesca ad essere così flessibili, mentre in Italia i vincoli siano molto, molto maggiori.

La seconda è se ne valga la pena. Intendo se valga la pena schiarire i rosé bordolesi. I rossi li hanno fatti inscurire sempre di più, da trent’anni a questa parte, e perché mai dovrebbero far schiarire “solo” i rosé?