Ripasso, si cambia: sarà solo Superiore

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Cambiano le regole del Ripasso, quello che in America e Scandinavia chiamano abbastanza comunemente “baby Amarone”, perché del fratellone maggiore ricorda un po’ lo stile e l’approccio organolettico. Un successo commerciale impetuoso, un affare da 26 milioni di bottiglie l’anno, primo vino della Valpolicella in volume. Ebbene, a distanza di sei anni dalla nascita della doc Valpolicella Ripasso, l’assemblea dei soci del consorzio di tutela valpolicellese ha deciso che d’ora in poi la denominazione si chiamerà Valpolicella Superiore Ripasso “a sottolineare la riqualificazione apportata dalle modifiche nel segno di una qualità che parte dal vigneto e si consolida in cantina con la migliore definizione delle tecniche di produzione escludendo il ‘doppio ripasso’ e il ‘taglio'”, come dice il comunicato consortile, da cui ho tratto il virgolettato.
In soldoni, la prima differenza è che d’ora in poi si potrà fare il Ripasso solo a partire da vini che abbiano una gradazione alcolica minima pari a quella del Valpolicella Superiore. Vero che con la tecnica di “ripassare”, ossia rifermentare il vino sulle vinacce da cui si è ottenuto l’Amarone o il Recioto si aggiunge alcol, ma che ci si potesse riuscire partendo da un Valpolicella “base” per il quale è previsto – come da disciplinare – che “le uve debbono garantire un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di l0% vol.” sembrava oggettivamente un po’ incongruo. Ora “soltanto le uve che abbiano i requisiti minimi legati alla menzione ‘Superiore’, come ad esempio il titolo alcolometrico naturale minimo dell’11% vol., potranno essere destinate al Valpolicella Superiore Ripasso, che – altro parametro qualitativo fissato – dovrà avere un titolo alcolometrico effettivo al consumo non inferiore al 13% vol.” (il virgolettato viene sempre il comunicato del consorzio). Be’, che un vino da 11 gradi possa arrivare a 13 con la tecnica della rifermentazione è plausibile.
Il Consorzio nel suo comunicato spiega poi che “l’operazione di ripasso verrà definita dal nuovo disciplinare come ‘rifermentazione in un’unica soluzione’, sgombrando il campo da equivoci circa il ‘doppio ripasso’, pratica che si è erroneamente diffusa. Le vinacce utilizzate dovranno includere una frazione liquida di vino atto a divenire Amarone o Recioto compresa tra il 10% e il 15% rispetto al totale di vino Valpolicella da ripassare. Una precisazione molto importante perché esclude chiaramente il ‘taglio’, cioè l’utilizzo nel ripasso di vino finito declassato. Le vinacce dovranno avere un residuo zuccherino minimo di almeno 10 g/l e l’operazione di ripasso dovrà avere una durata minima di tre giorni”.
Insomma, ora il quadro è più chiaro. Molto bene.


1 comment

  1. Ivo

    Questi punti sono quelli che nascondono i veri obiettivi della modifica del disciplinare del Valpolicella Superiore Ripasso. In realtà poco cambia nella pratica di produzione del Ripasso. Già da prima non esisteva alcun Ripasso sotto i 13,4 gradi alcolici, e nessun Ripasso aveva più di 10 g/l di zuccheri. Inoltre è inverosimile che non si faccia un doppio passaggio di Valpolicella sulle vinacce di recioto e amarone visto che è consentito fare una doppia quantità di ripasso rispetto all’amarone. Il consorzio si giustifica dicendo che la fermentazione dell’amarone dovrebbe essere fatta riempendo metà vasca, ma ciò non consentirebbe in molte cantine un razionale sfruttamento dei volumi e la pratica di alcune tecniche tradizionali di produzione come il cappello sommerso. Inutile dire che le cantine continueranno a fare un doppio passaggio di vino sulle vinacce.
    La vera modifica che verrà apportata da questa variazione del disciplinare sarà la riduzione di produzione di amarone e l’aumento della produzione del ripasso. Obiettivo nell’interesse di quelle cantine che hanno molto potere in valpolicella, e ancora non hanno le infrastrutture per produrre tutto l’amarone potenziale e che, con queste modifiche, guadagneranno importanti quote di mercato nei confronti dei piccoli produttori che invece avrebbero avuto le caratteristiche di volumi e qualità più che sufficienti a soddisfare i requisiti del precedente disciplinare.
    Di fronte a queste osservazioni il consorzio si difende dicendo che è economicamente vantaggioso tenere alto il prezzo dell’amarone riducendone le quantità e che ci servono più quote di ripasso per coprire il mercato. È evidente quindi quali siano i veri obiettivi di questa modifica. Non ci si lamenti della diffusione dei vini igt nei piccoli produttori che hanno raggiunto capacità e qualità di uve tali da poter produrre almeno il doppio di vino di alta qualità di quello consentito dal disciplinare, senza ricorrere a trucchetti, ma solo con la propria uva prodotta in terreni particolarmente vocati con una produzione che non supera i 120 q.li/Ha.
    Rimango allibito nel vedere come quasi tutti i produttori all’assemblea abbiano votato a favore di questa modifica la quale, più che una regolarizzazione, sembra un raggiro per poter diminuire le quote di amarone e aumentare quelle di ripasso, contro gli interessi di quelle piccole cantine che storicamente producono amarone e ripasso e a favore di nuove società nate sulla cresta dell’onda e che purtroppo oggi hanno tanto potere decisionali in valpolicella.

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