Ribadisco, in Italia ci mancano gli archivi del vino

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Qualche giorno fa ho ripreso un mio articolo del 2014 dal titolo “Agli italiani manca il culto della longevità“. Dicevo tre anni fa, e lo ribadisco ora, che “sono tuttora una piccolissima minoranza” i produttori “che mettono via un po’ di vino”. “Ma per chi si occupa di vino fuori dai confini italici – sottolineavo -, chiedere di assaggiare più annate della stessa etichetta è la norma, possibile non lo si voglia capire che questo è il primo vero, serio investimento da fare in cantina?”

In pubblico e in privato mi è stato fatto osservare che quanto avevo scritto non sembrava realistico e che anzi sono parecchi i vignaioli che oggi usano fare “archivio” delle loro bottiglie. La mia esperienza mi dice tuttavia che mi sembrano delle mosche bianche, e assai raramente mi capita infatti di trovare profondità di annate negli assaggi (non pretendo certo vi siano bottiglie di vecchie annate da acquistare, ché l’azienda deve far quadrare il proprio conto economico e dunque il vino va venduto appena possibile).

Perché ne riparalo ancora? Perché di recente si è svolta una verticale di uno dei più premiati rossi italiani e Lorenzo Colombo, che vi ha preso parte, a proposito del vino del 1989, scriveva così: “Annata storica, secondo l’azienda”, però “alcune bottiglie non provengono direttamente dall’azienda (ne avevano troppo poche), ma sono state reperite sul mercato apposta per questa degustazione”. Dunque persino uno dei marchi più prestigiosi del vino italiano ha dovuto reperire sul mercato qualche bottiglia dell’annata ’89 suo vino di punta, pluripremiato dalle guide, poiché che in cantina non ne aveva abbastanza per una verticale.

Ovvio che attualmente anche lì di bottiglie ne mettono via parecchie di più – ne sono convinto – e che quindi in futuro le verticali “storiche” saranno realizzabili in maniera più agevole. Ma questa è la norma della quasi totalità delle cantine italiane: manca un’adeguata profondità (in termini di annate e di esemplari) di bottiglie in archivio, e semmai la si sta facendo pro futuro. E nessuno venga a dirmi che il 1989 è un’annata remota: per un vino importante, trent’anni scarsi sono ieri mattina.

Speriamo che il culto della longevità (del vino) diventi prassi abbastanza comune. Anche in Italia, dove a essere longevi sembrano solo i vertici delle aziende pubbliche, delle istituzioni, delle banche, perfino dello sport.