Quanto valgono (in più) le doc del vino?

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Ogni tanto c’è chi dice che le doc non valgono niente, che sono un inutile peso, che bisognerebbe abbandonarle e via così, con affermazioni quasi mai argomentate, fatte invece spesso di pancia, magari a fronte di una pastoia burocratica indisponente. Già, ma davvero la doc del vino non hanno invece un loro intrinseco valore?
Un calcolo di quale sia il valore aggiunto generato dall’utilizzo delle denominazioni di origine lo ha tentato Bruno Trentini, che è il direttore generale della Cantina di Soave, colosso cooperativo veronese. Il ragionamento di Trentini si basa sui vini di maggior peso nella produzione aziendale, ossia quelli della doc del Soave (la Cantina gestisce il 48% della denominazione), quelli delle diverse denominazioni della Valpolicella (da sola la cooperativa soavese detiene il 49% dell’intera doc Valpolicella) e il Lessini Durello (il peso della Cantina è pari al 70%),
“Le tre denominazioni – ha spiegato Trentini – messe assieme esprimono una produzione lorda vendibile di circa 150 milioni di euro. Se pensassimo di vendere quegli stessi vini solo come generico vino rosso o vino bianco, quel valore di 150 milioni scenderebbe a poco più di 35 milioni di euro. Che cos’è che fa scattare la molla che consente di passare da 35 a 150 milioni di euro? È la denominazione di origine. Lo capisce anche un bambino che il valore su cui investire è il patrimonio che il territorio possiede con le sue denominazioni di origine. Il vero punto di forza sono le denominazioni di origine”.
Ecco, credo che il concetto sia piuttosto chiaro.


1 comment

  1. ambra

    assolutamente vero

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