Prosecco alla prova di maturità, guai se la sbaglia

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Per la filiera produttiva del Prosecco i prossimi mesi somiglieranno a un esame di maturità. Saranno il banco di prova su cui si testerà la capacità del mondo produttivo prosecchista di stare sul mercato e di continuare a cavalcare l’onda di un travolgente successo che non ha precedenti nel panorama mondiale del vino. Il punto di criticità sono i prezzi. Che rischiano di crescere, anche a causa di un’annata scarsa in vigna. Generando una marea di incognite.

Ai primi di ottobre il presidente del Consorzio del Prosecco, Stefano Zanette, aveva invitato a un accordo di filiera per regolamentare le quotazioni: “Mi appello a tutti gli operatori del settore invitandoli a comportamenti responsabili per garantire un futuro alla nostra denominazione. Se i prezzi si alzano troppo, il rischio reale è che il mercato ci giri le spalle già dall’anno prossimo”.

Stando a quel che leggo sulla Tribuna di Treviso il monito di Zanette potrebbe essere stato disatteso, con ipotesi di rialzi anche consistenti del prezzo delle uve. Il quotidiano trevigiano scrive così: “I vinificatori si sentono strozzati: non possono aumentare il prezzo della bottiglia al consumatore finale (perché spesso i contratti sono già stati firmati nei mesi scorsi), ma devono pagare di più i fornitori della materia prima”. Analisi corretta, se si pensa che al primo listino di ottobre il prezzo all’ingrosso del Prosecco alla borsa merci di Treviso ha sfondato quota 2 euro, con una forbice che va da un minimo di 1,80 euro al litro a un massimo di 2,20. Pensare che nel 2008, prima della nascita del super Prosecco, l’uva del Prosecco valeva 50 centesimi al chilo e il vino base 1,06 euro al litro. Con l’annata 2016 il prezzo della glera era salito a a 1,17 euro al chilo, quello del vino base a 1,87 euro al litro.

Ora, mettiamo di prendere il valore intermedio tra gli 1,80 euro e i 2,20 euro quotati a inizio ottobre 2017. Prendiamo dunque una quotazione media di 2 euro. Il rialzo rispetto alla media 2016 sarebbe di 13 centesimi in più dell’anno scorso. Il che vuol dire che per una bottiglia c’è un rincaro dei costi di approvvigionamento pari a circa 10 centesimi.

Sembra una cifra non enorme, presa da sola. Ma se la applichiamo a più di 400 milioni di bottiglie, significa che per garantire il proprio equilibrio finanziario la filiera del Prosecco sarebbe costretta a chiedere alla clientela un esborso suppletivo di almeno 40 milioni di euro. Che in linea del tutto teorica significherebbero in positivo una valanga di soldi in più sul territorio, ma anche un salasso difficilmente sostenibile per l’utenza. Con il rischio che buyer e bevitori gettino la spugna.

Ecco, questo è il banco di prova della maturità del Prosecco. Se l’esame viene superato, ci sono praterie immense da cavalcare. Se arrivasse la bocciatura dei mercati, allora sarebbero guai molto, molto grossi.


2 comments

  1. Lorenzo Biscontin

    Caro Angelo, i prezzi a cui si compra il vino (se lo si trova) sono molto più alti della quotazione della borsa merci di Treviso. D’altra parte quest’anno le uve si sono comprate anche dando una caparra, e questo dà l’idea della carenza.
    Sono segreti di pulcinella che nel settore sanno tutti.
    Diranno che è dovuto alla vendemmia scarsa (capita in agricoltura), ma che sarebbe mancato il 20% della riserva vendemmiale approvata in via eccezionale nel 2015 e 2016, si sapeva già.
    La verità è che si è passati da una situazione nel 2011 in cui si “congelava” il 20% della produzione in attesa di vedere l’andamento del mercato ad una, dal 2014 in avanti, in cui l’offerta era carente o appena suffuciente a soddisfare la domanda. Così si è azzerato qualsiasi margine di manovra nella gestione dell’offerta.
    Malgrado la cosa fosse ampiamente prevedibile e prevista (almeno da me) sì è intervenuto con l’autorizzazione di nuovi impianti solo parzialmente e tardivamente.
    Chi rischierà di rimanere senza prosecco quest’anno? In un’economia di mercato la risposta su farà in base al prezzo che si è disposti a pagare.
    Fare oggi chiamate di responsabilità suonerà bene, ma serve a poco.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Lorenzo, il problema è individuare chi dovrebbe essere il gestore dell’offerta, e sai bene che non può essere il consorzio di tutela, perché non ne ha la concreta possibilità. Non esistono di fatto strumenti diversi dall’accordo di filiera, il quale tuttavia è totalmente volontario, ed è velleitario pensare che venga rispettato in una filiera nella quale i palyer sono tantissimi e molto diversificati. Può funzionare in Champagne, dove i player che contano davvero sono pochi, ma non nel Prosecco.

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