A proposito del terroir in un vino

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Di tanto in tanto torna di grande attualità sul web il dibattito sul terroir. Cosa c’entra ‘sta premessa col vino? Ci arrivo, pazienza. La bottiglia che vi presento, uno chenin botritizzato proveniente da una eccellente cantina e prodotto in un millesimo molto buono per la zona (anche se il 1996 è superiore), è rimasta colpevolemente in frigo per 15 o forse 20 giorni. Era rimasto un bicchiere scarso, poca cosa.
Ebbene, in barba a tutto quello che ci raccontanto tra corsi di degustazione, libri e rivisite, il vino faceva paura. Da quanto buono era.
Se appena aperto era già magnifico, dopo 15 giorni tra insalate e formaggi ha tirato fuori una classe che ricordo in pochi vini dolci al mondo. Botrite con ricordi di fungo, zafferano, arancia candita, cumino, resina. Mi fermo qui.
Un palato perfetto, sferzato da una acidità di una qualità sconosciuta. Sì anche l’acidità ha una sua qualità.
Tornando alle considerazioni iniziali, mi sento di poter dire che il vino ha potuto trasformarsi così grazie al suo terroir. Semplicemente, se un vino così fosse stato prodotto in un terroir scadente, non avrebbe avuto più di due giorni di vita, nemmeno a dosi di solforosa tali da uccidere un cavallo. Alla faccia di chi continua a dire che il terroir è una stupida invenzione dei nostri amici francesi. Utile a vendere il vino più caro.
Non è che invece questa scusa serve a giustificare i prezzi aberranti di vini prodotti con tanta tecnologia e poca anima in terroir inconsistenti?
Coteaux du Layon Beaulieu L’Anclaie 1995 Château Pierre-Bise
3 faccini e oltre 🙂 🙂 🙂

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