Potremo comprare vino dai vignaioli europei?

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Il mio commento è: magari! Mi riferisco ad uno degli impegni che Matilde Poggi, presidente della Federazione italiana dei vignaioli indipendenti, si è assunta quando, pochi giorni fa, è diventata vicepresidente della Cevi, la Confederazione europea dei vigneron indépendant. L’impegno è questo: fare in modo che i produttori possano spedire i loro vini direttamente ai consumatori all’interno dell’Unione europea. Insisto: magari!
Direte: che c’è di così strano? C’è che oggi le vendite dirette intra Unione non si riesce a farle. Per via delle accise. L’accisa è un’imposta che grava sulla fabbricazione e sulla vendita dei beni di consumo, e dunque anche sul vino. Il problema è che l’accisa sul vino non sai chi e come la deve pagare, se la vendita presuppone la spedizione delle bottiglie a un privato che risiede in un altro paese della Ue. La Cevi propone che l’accisa venga assolta nel paese d’origine. Il classico uovo di Colombo. Semplice e poco burocratico, e forse questo è il limite, perché la burocrazia è sovrana, mica solo in Italia.
Eppure, ripeto, la soluzione di pagare l’accisa direttamente dove sta il produttore pare efficace. “Potrebbero essere create così delle camere di compensazione tra Stati, senza dover avviare pratiche doganali per ogni singola vendita” dice Matilde Poggi in un comunicato della Fivi.
Io dico: magari! E spero che l’impresa riesca. Lo so, il mio conto corrente ne risentirebbe parecchio, ma finalmente potrei comprare i vini che voglio io da chi voglio io, in Francia, in Spagna, in Germania. Libero vino in libera Unione, ecco lo slogan.