Più che nel vino voglio investire nei vignaioli italiani

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C’è un che di romantico nel proporre che dopo la crisi si continui a bere italiano, a mangiare italiano, a viaggiare italiano. Preferirei però poter investire nei vignaioli italiani, nei contadini italiani, nei ristoratori italiani, negli albergatori italiani.

Se avessi la possibilità di farlo in sicurezza, come cittadino, come risparmiatore, mi piacerebbe scommettere sulla piccola e media impresa italiana, vorrei essere posto nelle condizioni di dare una mano a sostenerla per il rilancio dell’economia italiana, perché acquistare non basta.

Per riprenderci da una crisi che morderà a lungo le carni vive della nostra gente, serve potenziare gli investimenti delle aziende produttive, in ogni settore e per ogni dimensione aziendale. Mica solo la grande impresa. E serve farlo anche nel mondo del vino, che dovrà ricostruire il proprio tessuto di relazioni commerciali e lo dovrà probabilmente fare secondo paradigmi in parte completamente nuovi. Ma un piccolo produttore, così come un ristoratore o un allevatore o un albergatore, dove va a trovarli i soldi per rimettersi in gioco?

Ecco, io sarei tra i molti disposti a utilizzare una parte dei loro risparmi per rilanciare l’economia “reale”, se mi venisse data l’opportunità di finanziare le attività produttive attraverso l’acquisizione di qualcosa di simile a dei mini bond sostenuti da una controgaranzia pubblica.

Come me, credo che molti sarebbero disponibili. Si tratterebbe di un’iniezione di risorse potenzialmente molto più grande di quanto non possa fare lo stato attraverso l’espansione del debito pubblico. Senza contare che pompare sul debito pubblico rischia di andare a vantaggio soprattutto della grande industria, e però poi ce lo dovremo accollare tutti in termini di tassazione e di contrazione delle prestazioni sociali, e abbiamo visto, invece, quanti più lutti patiamo dall’aver tagliato l’investimento nella sanità.

Siamo convinti che il nostro tessuto imprenditoriale abbia delle capacità incredibili. Ne siamo convinti perché ne abbiamo toccato con mano la creatività e la determinazione, e ne siamo anche orgogliosi. Siamo fieri quando un nostro cuoco è giudicato il migliore del mondo, quando un nostro vino scala le classifiche internazionali. Però un ristorante e una cantina sono prima di tutto un’impresa, una medio-piccola impresa. Che ha bisogno di risorse per ricominciare.

Ugualmente, sappiamo tutti che noi italiani siamo un popolo di formiche risparmiatrici, meglio e più di qualunque altro popolo europeo. Però non siamo mai riusciti a mettere in contatto le competenze dei nostri piccoli e medi imprenditori con la tenace propensione al risparmio delle famiglie. Non ci siamo riusciti un po’ per diffidenza, ma soprattutto perché mancavano e mancano gli strumenti per farlo senza rischi.

Adesso sarebbe utilissimo riuscirci, consentendo di accompagnare in sicurezza, su base ovviamente del tutto volontaria, una parte del tanto risparmio che sta sui conti e sui depositi verso l’innovazione produttiva, quella delle piccole e delle medie imprese, anche nel mondo del vino, dell’agricoltura, della ristorazione, dell’accoglienza.

Io credo che sia una strada percorribile, se a noi cittadini viene dato modo di investire in tranquillità, se alla piccola e media impresa viene permesso di aprirsi all’investimento privato.

Preferisco investire nei vignaioli, piuttosto che in fondi di investimento di cui non conosco pressoché nulla, soprattutto su chi li possiede e li gestisce. E non sono quasi mai italiani i veri proprietari e i veri gestori.


13 comments

  1. Enrico

    Lodevole, concordo con il pensiero; ma quando si fa un investimento, di qualunque tipo, è insito in esso il rischio delle scelte che appartengono all’investitore. Così come la responsabilità d’impresa e di remunerazione del capitale investito spettano all’imprenditore, in qualsiasi ambito.
    Cordialità
    Enrico

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Concordo in linea genere, ma qui non si tratta di mero investimento finanziario, bensì di riallocazione del risparmio finalizzata al duplice obiettivo di ridare impulso all’economia e di contenere la necessità di espandere il debito pubblico. Entrambi sono obiettivi di carattere sociale, non di carattere speculativo. Se a questo scopo si utilizza, su base volontaria, il risparmio delle famiglie, prevale l’indirizzo costituzionale della tutela del risparmio. Altrimenti, in caso di eccessiva espansione del debito pubblico, esiste una modalità alternativa per attingere al risparmio: si chiama patrimoniale.

  3. Mirco Mariotti

    Buongiorno Angelo, mi chiedevo da ignorante, non potrebbero esserci canali nei mercati secondari di Borsa Italiana dove lo Stato potrebbe fornire opportune garanzie agli investitori provati?

  4. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Direi di no, Mirco, perché a mio avviso si tratterebbe di un aiuto arbitrario a una specifica iniziativa di carattere privatistico avente un obiettivo meramente speculativo. Io non chiedo che lo stato si accolli il rischio dell’attività d’impresa, cosa che trovo inammissibile, chiedo che lo stato favorisca la riallocazione di parte del risparmio su base volontaria verso il rilancio dell’economia, consentendo un contestuale minor impiego di debito pubblico rispetto all’intervento pubblico diretto. Si tratta di due obiettivi di natura sociale, non speculativa, che si basano sul criterio della sussidiarietà, non del sussidio.

  5. Mirco Mariotti

    Ah, va bene, si tratterebbe quindi di uno strumento finanziario che a memoria non mi sembra sia mai esistito; è interessante, ma non sarebbe dall’altra parte uno strumento forse estremamente centralizzato? Chi dovrebbe gestirlo (emissione, allocazione…)?

  6. Maurizio

    Bellissima idea, da cittadino italiano e vignaiolo che che vive la situazione attuale con enorme preoccupazione e vede un futuro di grandissima incertezza, ritengo che è questa sua idea possa far sì che l’intervento sia rapido.
    Si potrebbe pensare anche ad una piattaforma di crowfounding dedicata al settore enogastronomico, garantita dallo Stato o da ente di carattere pubblico (CDP o Invitalia)…

  7. Giuseppe Lorenzini

    Caro Angelo, sappiamo che gli Italiani hanno 1.900 miliardi di euro depositati sui conti correnti. Allora la tua proposta potrebbe essere attuata facilmente. Se ci fosse anche un tasso di interesse sui minibot, tanti risparmiatori investirebbero volentieri. Lo Stato potrebbe detassare i rendimenti o pagare gli interessi sui titoli o creare un credito di imposta per chi sottoscrive questi minibot. Insomma, le piccole e medie aziende avrebbero liquidità immediata e lungo tempo per il rimborso del solo valore nominale del prestito. Chi potrebbe coordinare questa iniziativa? Chi stabilisce l’entità del finanziamento per ogni azienda? Bisogna stare attenti a non cadere nella trappola della burocrazia. Tu, Angelo saprai meglio di me quale soluzione proporre.
    P.S. Pensa che in una recente riunione sul nuovo collettore del Garda, ho fatto la stessa proposta ai dirigenti di AGS. Noi, operatori turistici, sapendo che la salubrità del lago è il più grande valore per la nostra attività, potremmo finanziare una buona parte delle opere se, in cambio, potessimo avere qualche riconoscimento come sopra specificato.
    Desidero anche sottolineare che in questo disastro è fondamentale che i nostri collaboratori stagionali non restino senza stipendio. Il Governo dovrebbe consentirci di fare le assunzioni, come previsto, dall’inizio di aprile e accettare di inserirli subito in un fondo di sostegno al reddito almeno per i mesi di crisi.
    Il presidente Ivan de Beni si sta interessando con Federalberghi nazionale. Vedremo se nel prossimo decreto verrà ricordato anche il nostro settore. Un caro saluto Giuseppe.

  8. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Come sempre, hai perfettamente compreso. Aggiungo che quei bond, a mio avviso di durata decennale, hanno evidentemente la stessa rischiosità dei Btp, ma un rendimento a termine superiore, non solo per il vantaggio fiscale, giustificato peraltro dalla valenza sociale di una sostanziale assimilazione a un investimento stabile di lunga durata nel capitale delle pmi. Il coordinamento credo non possa che essere del Ministero delle Finanze (anche a motivo delle modifiche normative da apportare), mentre enti attuatori potrebbero essere gli stessi enti locali. Il collocamento presso il pubblico della tranche più “sicura” del bond e presso gli investitori istituzionali della tranche più “rischiosa” dovrebbe avvenire tramite il sistema bancario.

  9. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie, Maurizio.

  10. Greta Popolizio

    Lo strumento in realtà esiste e si chiama minibond.
    Il minibond è un titolo di debito, una sorta di obbligazione, che impegna il ricevente, normalmente una società emittente, a rimborsare il finanziamento ricevuto in determinati tempi e con determinati tassi. E’ uno strumento relativamente recente e molto flessibile, dapprima utilizzato dalle società di più grandi dimensioni ma che recentemente si è diffuso anche tra le PMI. Lo strumento mette in contatto diretto l’investitore con l’azienda e permette di far arrivare i capitali all’economia reale senza l’intermediazione del canale bancario, da cui le aziende italiane sono attualmente dipendenti al 100%.
    La strutturazione del prodotto finanziario “minibond”, così come la sua collocazione presso gli investitori, vengono curate da soggetti professionali (cd. advisor) che selezionano le aziende meritevoli, verificandone le condizioni patrimoniali–economiche-finanziarie in modo da mitigare il rischio assunto dall’investitore; talvolta intervengono anche consorzi di garanzia collettiva (es. confidi) a garantire in tutto o in parte il mancato rimborso.
    La sottoscrizione di minibond fino al 2019 era consentita ai soli investitori istituzionali (es. Fondi di investimento, Fondi pensione etc), ma di recente è stata consentita la collocazione anche attraverso piattaforme di crowdfunding. Et voilà! Direttamente dal risparmiatore all’azienda.
    Segnalo che già alcune piattaforme si sono attivate per raccogliere fondi sotto forma di “pluribond” da erogare alle aziende piccole e medie delle regioni più colpite dalla crisi da coronavirus, per sostenere la prevedibile crisi di liquidità, e già si sono avute esperienze di “basket bond” destinati agli operatori di un particolare settore (es. alberghiero del Veneto). Nulla vieterebbe di organizzare uno strumento in particolare destinato ai vignaioli.
    La nuova finanza alternativa esiste ma è molto poco divulgata, purtroppo!

  11. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie, ma nel mio articolo parlo espressamente proprio di mini bond. E, no, lo strumento che propongo non esiste, in quanto non è prevista la controgaranzia pubblica che chiedo venga realizzata. Per quella servono interventi ad hoc del Mef, così come servono interventi dal lato fiscale.

  12. Andrea

    Concordo pienamente

  13. Marco

    Con la crisi meglio investire nelle piccole imprese e nella ripresa

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