Il piacere (del vino) appartiene alle persone

bicchiere_calice_vino_rosso_tondo_400

Mi è sempre fonte di irritazione e anche di preoccupazione sentir parlare di individui. Magari anche di “diritti degli individui”, come ogni tanto dicono politici o economisti.

Io non mi sento un individuo. Mi sento una persona. C’è una grossa differenza. Perché il concetto di persona va ben al di là di quello d’individuo, ed implica il tener conto della fitta rete di interrelazioni che la persona ha con le altre persone e anche del fatto che una donna o un uomo non sono fatti solo di corpo e bisogni contingenti e materiali, ma sono anche fatti di sentimenti, di passioni, di timori, di speranze, di sogni. L’individuo invece è un numero in un contesto tecnocratico o burocratico, per questo mi preoccupo se si parla di individui. Io non sono un numero, non accetto di esserlo.

Che c’entra tutto questo col mondo di cui ci si occupa qui su InternetGourmet, ossia il vino, il cibo, la gastronomia? C’entra, perché per me il concetto del piacere – anche sensoriale – è prima di tutto umano, antropologico. Attiene alla persona, dentro ad una visione umanistica della vita.

Per me il vino è buono quando è espressione di terroir, ma al centro del terroir vedo la persona, e le comunità delle persone con cui il vignaiolo si relazione, e questo prima della vigna e del suolo e del clima e delle tecniche.

Che volete farci, sono un sognatore. Ma le persone sognano.

Articolo originariamente pubblicato il 15 maggio 2014


1 comment

  1. ambra tiraboschi

    riletto con piacere, Ambra

Non è possibile commentare