I peschi di Van Gogh e i lieviti del vino

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Al museo Van Gogh di Amsterdam ho scoperto che gli alberi pieni di fiori bianchi di certi quadri del maestro olandese in realtà in origine erano pieni di fiori rosa. Erano peschi in fiore, e invece io avevo sempre pensato che fossero dei ciliegi.

Deluso? Neanche per sogno. Quelli sono capolavori, e mi continuano ad offrire la gioia della bellezza.

Il cambio di colore è dovuto a un processo di degradazione delle tinte. Lo si spiegava nelle illustrazioni dei quadri. Ma non ci ho badato granché, dato che – insisto – quelli erano, sono e resteranno quadri fantastici, a prescindere che in origine i fiori fossero rosa e che oggi invece siano bianchi.

La domanda è se ci si debba concentrare sull’estro creativo che Van Gogh ha tradotto in pittura, oppure ci si debba focalizzare sul tipo di colore che ha adoperato.

Per me non c’è dubbio, è buona la prima. L’arte, la visione d’assieme dell’opera, è questo che conta.

Ora, una visita al museo Van Gogh per vedere quei quadri la vorrei consigliare a tutti coloro che ritengono fondamentale, per valutare se un vino sia “buono” o no, conoscere quali lieviti siano stati adoperati o cose del genere. Domando loro: non è che in questo modo vi state concentrando sul colore adoperato dal pittore invece che sull’opera in sé, perdendovi, nel nome del dettaglio tecnico, la gioia che l’arte in sé vi può regalare?

Per me la domanda è retorica. Per me è chiaro che concentrarsi sui dettagli fa perdere il senso d’insieme dell’opera.

È il racconto del vino che ci si deve godere, io credo, non gli strumenti del racconto. È l’arte di Van Gogh che emerge, non la tinta e la sua tenuta o degradazione.

Articolo originariamento pubblicato l’8 gennaio 2015