Perché Vinitaly a giugno è una rogna

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Così Vinitaly è stato traslato a metà giugno, dal 14 al 17. Mi auguro di no, ma è una scelta che temo possa trasformarsi in una rogna. Grossa. Dal lato dell’interesse commerciale e anche dal lato della logistica.

Parto della logistica, che è sempre stata la croce del Vinitaly.

Delle due l’una. O a metà giugno l’allarme coronavirus è passato, oppure (non ce lo auguriamo di certo) saremo ancora in piena crisi. Se la crisi sarà ancora in atto, vabbé, non c’è fiera che tenga, i problemi sarebbero ben altri. Se invece la fase critica sarà alle spalle, è probabile che come ripartono le fiere possa ripartire anche il turismo.

Bene. Se riparte il turismo allora per gli operatori del Vinitaly saranno guai. Perché è evidente che Verona non è in grado di offrire abbastanza stanze a tutti. A coprire il fabbisogno di posti letto, infatti, ci ha sempre pensato il lago di Garda. Ma il lago di Garda sarà in uno dei fine settimana più caotici dell’anno.

Vedete, l’11 giugno, giovedì, è festa in varie aree della Germania (è il Fronleichnam, il Corpus Domini) e dunque molti tedeschi faranno il ponte, prendendosi un giorno di vacanza il venerdì per continuarla il sabato e la domenica. Precisamente saranno in ferie in Baden Württemberg, Baviera, Assia, Nordreno-Vestfalia, Renania-Palatinato, Saarland, Sassonia e nelle cittadine a maggioranza cattolica della Turingia. Tutte zone che usualmente forniscono un forte flusso turistico al Garda. Il che significa che gli alberghi gardesani saranno pieni. Mica un problema da poco, per i produttori che devono arrivare il giovedì, il venerdì o il sabato per preparare lo stand. Di nuovo mica un problema da poco per chi vuol essere in fiera la domenica mattina.

Anche a Verona città non sarà facilissimo trovare camere. Perché il 13 giugno è in programma quello che viene definito il “dittico inaugurale” del Festival 2020 all’Arena di Verona, con “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”. Anche l’Arena qualche presenza la porta, in città e sul lago.

Poi c’è l’aspetto commerciale. Davvero pensiamo che a metà giugno una fiera del vino possa servire a fare affari a livello internazionale? Va bene, voglio sperarlo, però in realtà penso che per quella data i giochi siano sostanzialmente fatti. Semmai potrà servire per il mercato italiano, e dunque il Vinitaly rischierà di tornare quello che è stato in passato, un evento per gli italiani (non fatemela chiamare sagra), che solo dopo enormi sforzi e investimenti di Veronafiere (riconosciamoglielo) aveva cominciato a cambiare d’intonazione, di recente. Mi domando però se questo possibile ritorno del Vinitaly alla dimensione originaria della “festa del vino italiano” sia utile al vino italiano.

Si è capito che sono abbastanza perplesso, vero?


8 comments

  1. Umberto Cosmo

    Ammesso che si faccia, sarà una sagra, visto che gli operatori hanno altro da fare a giugno e quindi l’ente fiera per far vedere un grande afflusso aprirà nuovamente le porte a tutti.
    Potrebbe essere l’inizio della fine del Vinitaly, fiera che pur con tutti gli sforzi che riconosciamo al management, è sempre stata ostaggio di corporazioni che pensano (giustamente dal loro punto di vista) a riempire hotel e ristoranti con chiunque venga. Un po’ un modo di riempire Verona in stagione quasi morta.
    Purtroppo questo pubblico non è di interesse di quelli che dovrebbero essere i veri stakeholder di Vinitaly, gli espositori ai quali non interessa la massa ma la qualità del pubblico.
    Quando molti di noi cominceranno a fare veramente i conti del costo per contatto utile, si arriverà di sicuro a decisioni che potrebbero essere dolorose per Veronafiere.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Temo tu abbia ragione. Ho sempre difeso Vinitaly. Questa volta no. Spero di essere nel torto.

  3. Paolo Endrici

    A metà giugno avremo già visitato tutti i clienti importanti ,restano quelli che ci vengono a trovare per fare solo un brindisi e la necessità di far quadrare i conti dell’Ente Fiera…come sempre pagano i produttori.

  4. rinaldo zaniboni

    Caro Angelo,
    quale periodo proporresti in alternativa alle date 14 – 17 giugno,
    corona-virus permettendo?
    Cordialmente.
    Rinaldo

  5. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Temo che se le date di aprile si fossero ritenute non praticabili (cosa ormai più che probabile) le alternative possibili fossero solo due: annullare la manifestazione oppure farla tornare per un anno alla dimensione originaria molto più contenuta (in termini di date e di spazi) della “festa del vino italiano” per ripartire con maggiore slancio l’anno successivo, dedicando nel frattempo maggiori risorse alla promozione all’estero. A fronte di una situazione straordinaria credo serva il coraggio di adottare soluzioni straordinarie.

  6. Nicodemo Pacifico

    Siamo in periodo di emergenza straordinaria e come tale comporta rinunce, sacrifici, danni commerciali e di immagine in tutti settori. A cominciare dal turismo, dalla cultura, dallo sport ecc.. Tutti purtroppo dovranno subire pesanti danni, compreso il mondo del vino.

  7. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Ovvio, ma cosa c’entra? Il fatto che ci saranno danni generalizzati non significa che dobbiamo o possiamo fare le cose senza operare per ridurli al minimo. Organizzare un evento in una città già al completo per altri motivi (provi a prenotare una stanza e mi dirà) mi pare poco lungimirante.

  8. Chiara

    Condivido le sue perplessità e spero che l’Ente Fiera alla fine ci ripensi e segua l’esempio del ProWein, rimandando tutto all’anno prossimo. Spostare la fiera a giugno comporterebbe solo costi per le aziende e zero risultati e servirebbe solo a far fatturare l’indotto. Ma questo si preannuncia già come un anno durissimo per le aziende vitivinicole – che oltre a vendere meno hanno anche sostenuto ingenti investimenti nel settore turistico, che probabilmente andrà a picco – e nessuno si può permettere costi inutili. Se insistono nel farla, che almeno vengano incontro alle aziende scontando sensibilmente affitto spazi e servizi.

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