Ecco, ora gli americani il rosé cominciano a farselo

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Trump non c’entra e neppure le ipotesi di dazi o di gabelle varie sulle importazioni. Semplicemente, gli americani hanno spirito pragmatico e se qualcosa comincia ad andar forte se la fanno da soli. Prendiamo il rosé, per esempio. Negli Stati Uniti tira come un dannato, e va soprattutto quello che sta nella categoria premium, che è ben remunerativa e in entrambi gli ultimi due anni ha visto crescite superiori al 50%. A beneficiare del boom rosatista top di gamma sono soprattutto i vini provenzali, che sono anche quelli più secchi. Ebbene, che ti fanno ‘sti winemaker a stelle e strisce? Ovvio, cominciano a produrselo per conto loro, il rosé chiaro e secco.

I produttori americani scommettono sul rosé e sfidano il dominio francese“, titola (la traduzione è mia) The Wine Industry Advisor, un sito dedicato al settore vinicolo statunitense.

Christopher Sawyer, sommelier, dice che quello del rosé è un trend che non ha nessuna intenzione di fermarsi, e che anzi nelle competizioni enologiche come Rosé Today ormai i rosati top di gamma costituiscono una categoria a sé, quando solo una manciata di anni fa nei concorsi non c’era addirittura neppure la sezione dedicata ai vini in rosa. Però, attenzione, la maggioranza dei nuovi campioni che quest’anno sono stati inviati a Rosé Today provengono da produttori americani. E i brand più forti, come Meiomi, per esempio, ma anche La Crema o Michael Mondavi, incominciano anche loro a investire sul rosé. Insomma, hanno capito che per competere coi francesi bisogna far crescere i volumi nel segmento più remunerativo, quello dominato dai provenzali.

Però saranno rosé secchi, secchissimi, a dfferenza del passato. “Ci sono ancora dei rosé dolci – dice Sawyer -, però i ristoranti e i grandi commercianti non vanno in quella direzione, ma stanno invece cercando quelli secchi, ed è perché si abbinano così bene con le tipologie di cucina che adesso vanno per la maggiore”.

Capito?