In Nuova Zelanda vogliono fare Prosecco

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Insomma, anche in Nuova Zelanda vogliono produrre Prosecco scrivendo in etichetta la parola Prosecco, come fanno già in Australia. Brutta rogna, per i prosecchisti, che vedono dunque allargarsi il fronte del contenzioso internazionale.
La notizia l’ha data The Drink Business. A lanciare la sfida è un winemaker neozelandese, Steve Voysey, che è tra l’altro consulente di una delle maggiori aziende del vino di quelle parti, la Indevin. Ebbene, Voysey ha messo su un’azienda, la Prosecco NZ, che ha l’obiettivo di lanciare gli impianti di uva da Prosecco in Nuova Zelanda (nei prossimi due anni ha intenzione di piantare 160 ettari). A The Drink Business ha rivolto l’invito a contattarlo a tutti quelli che abbiano intenzione di lanciare il New Zealand Prosecco.
Se non ho capito male, la sua pretesa di chiamare Prosecco il vino nasce dal fatto che le barbatelle lui le ha importante dall’Australia, dove si coltiva da tempo l’uva di prosecco, che là non ha mica cambiato il nome in glera, come è invece avvenuto in Italia nel 2009. Si tratterebbe del clone VCR 101 di Rauscedo. Gli ha fatto fare i quattro anni di quarantena previsti dalla legge e ora è pronto a riprodurlo per piantare vigneti. È convinto di poterlo fare, perché lui le barbatelle le ha comprate come prosecco e dunque il vino, varietale, lo vuol chiamare Prosecco, e non sono in vigore accordi bilaterali con l’Unione europea che lo vietino. Diverso sarebbe se volesse provare a vendere le sue bollicine in Europa: qui sarebbe impossibile, perché dal 2009 la doc Prosecco non è più legata a un vitigno, ma a una località geografica, un paesino vicino a Trieste che si chiama Prosecco, e dunque è una denominazione che, dentro ai confini europei, o laddove esistano accordi bilaterali con l’Unione europea, rigorosamente protetta. Ma non credo proprio che la sua intenzione sia quella di fare Prosecco in Nuova Zelanda per venderlo in Europa.
Brutta rogna, sissignori.

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