Non mi piace il misticismo del vino

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Era qualche anno che il libro girava per casa, ma non l’avevo ancora aperto. Quest’estate finalmente mi sono deciso. S’intitola “L’acustica perfetta”, l’ha scritto Daria Bignardi, un romanzo. Mi ha fatto pensare una breve frase che vi ho letto. Questa frase: “Lo so anch’io che la Sardegna è bella, non ho bisogno che me lo spieghi nessuno e non ho bisogno di ammantare di misticismo quel che mi piace”.

Mi ha fatto pensare al vino. Al misticismo che ruota attorno a certi vini e a certi vignaioli. Adorati da piccole schiere di bevitori celebranti del loro mito. Intoccabili, come sacre effigi. Guai anche solo a mettere in dubbio la loro sacralità, la loro assoluta, non discutibile purezza mistica.

Il problema è che io sono un po’ agnostico. In un vino vedo un vino, in un uomo un uomo, in una donna una donna. Riconosco la superiore qualità sensoriale e territoriale di taluni vini, certo, così come la capacità interpretativa del produttore. Ma un vino lo bevo, non lo mitizzo, e se talvolta quel tal vino dato per eccelso non mi piace, be’, prendo atto che non mi piace, senza sentirmi deferentemente obbligato verso il calice.

Alla fin fine, il vino è vino, semplicemente vino, e anch’io, come dice quel libro, “non ho bisogno di ammantare di misticismo quel che mi piace”. Mi piace, e mi basta che mi piaccia.