Non illudetevi, non si vende vino coi social

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Correva l’anno 2010, e sembra un secolo fa. Mi avevano invitato a far da relatore a un convegno a San Michele all’Adige, in Trentino. Dovevo dire la mia alla domanda se il web potesse far vendere il vino. La mia risposta fu questa qui: “Pur coinvolgendo una pluralità di valori immateriali, il vino è pur sempre un bene materiale: se il vino va assaggiato, degustato, bevuto, posso ‘sostituire’ tali esigenze ‘fisiche’ con uno strumento tipicamente immateriale come Internet? Probabilmente, la risposta è no”. Questo dissi, e mi tirai addosso per mesi improperi di tutti i generi da parte di chi vedeva (e magari continua a vedere) nel web “la” soluzione.

Ora, mi tiro un po’ su di morale leggendo un post sul blog americano The Gray Report di W. Blake Gray.

Titolo: “Social media doesn’t sell much wine“, i social media non vendono molto vino.

Incipit: “Dall’avvento dei social media, le cantine si interrogano su quanto siano importanti nelle vendite del vino. Secondo una recente ricerca di Wine Opinions per l’Italian Trade Agency, i social media sembrano essere non solo meno imporanti che un punteggio superiore a 90 da parte della critica: sembrano meno importanti del dire ‘il vino è in vendita con il 10% o più di sconto’.”

Ecco, non voglio scrivere “l’avevo detto” (ops, l’ho scritto), ma fondamentalmente condivido la chiusura del pezzo di Gray: “But in 2017, Facebook, Twitter, etc., are still better places to run cat videos than Cab blurbs”, e cioè nel 2017 Facebook, Twitter e via discorrendo sono ancora posti migliori per farci andare video di gattini piuttosto che la pubblicità di un Cabernet”.

E allora che cosa ci sto a fare anch’io sul web?

Primo, io non ho da vendere vino, e dunque non c’entra.

Secondo, torno a dire quel che mi auto-risposi nel 2010: “Ma allora qual è la vera opportunità che Internet offre alla comunicazione del vino? La risposta è: essere un ‘incubatoio di idee’ per verificare in tempi rapidissimi la sostenibilità di determinate progettualità del settore. Qualora la scelta dei segmenti e dei linguaggi sia stata effettuata correttamente il riscontro offerto “in tempo reale” dal popolo del web offre alti livelli di attendibilità e consente dunque di impostare scelte strategiche rapidissime e spesse volte low cost”.


3 comments

  1. Matteo Luca

    Senza contare che in un’epoca dove le persone hanno voglia di sentirsi raccontare storie questo è il modo migliore

  2. Vinocondiviso

    Anche il progresso, divenuto vecchio e saggio, votò contro.
    Ennio Flaiano

  3. Marco Andreani

    Il tema è credo più complesso, articolato e in evoluzione di quanto si possa immaginare. Sono d’accordo sul fatto che non si venda vino “sui social network”, ambienti progettati per fare altro (compresi i gattini, che però vivono un periodo di inflazione). Alla domanda: “il web può far vendere vini” risponderei invece “assolutamente sì”, riferendomi principalmente al commercio elettronico e specificando che si tratta ancora di opportunità per molti ma non per tutti, ma le cose cambiano rapidamente. Se poi vogliamo entrare nel merito delle possibili “vendite indirette” direi che se, grazie ai social, conosco un’azienda che prima non conoscevo e, per mezzo di un qualsiasi canale commerciale online o offline, ho acquistato i suoi vini, allora forse l’interpretazione si sposta nuovamente. Io personalmente sono affezionato alla parte umana e materiale del rapporto con un vino. Detto questo se trovo un vino che mi piace il web mi aiuta enormemente nella fase di riacquisto.

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